In Italia saran circa le sei e mezza di sera: o avete su i ceci con gli zampini, o vi state preparando per Halloween (cioè quello che farò io quando sarà anche qui quell'ora).
Quest'anno ho deciso di festeggiare. Ho deciso di buttarmi in questa città e di divertirmi, e via. Chi vuole unirsi a me mi trova al Village, all'incrocio dra la 6th Avenue e la Spring, e giù per la Avenue fino all'incrocio con la 21 st.
Ci vorrebbe un costume originale, è certo, invece noi ci vestiremo da scheletri. Niente di che, mi rendo conto, ma è da quando avevo tipo dieci anni e vidi Karate Kid che voglio vestirmi da scheletro. E finalmente ho coronato il mio sogno horror. :)
E voi, che fate?
Happy Halloween a tutti!
BUAHAHAHAHAHAHHAHAHA!!!
lunedì 31 ottobre 2011
martedì 25 ottobre 2011
giovedì 20 ottobre 2011
Pensando per un pò
« Impudenza, demenza del ricordareLa violenza che è in noi
di Giacomo Sartori
Ci risiamo. Purtroppo ci risiamo. Di nuovo la violenza. Di nuovo la prospettiva di una spirale di violenza. C’erano segnali da diverso tempo, per chi avesse le orecchie fini, per chi abbia vissuto gli anni settanta e ricordi molti episodi artigianali e per certi versi patetici, a volte anche buffi, che hanno inaugurato la stagione del terrorismo. Ripeto, anche nella nostra regione. Sì, anche nella nostra regione. Allora come adesso. Ma adesso la cosa è sotto gli occhi di tutti.
Alla violenza si intende rispondere con la violenza. Inasprendo le leggi. Fingendo che i fatti di Roma non si sarebbero potuti evitare con le leggi attuali (sono anni, faccio un esempio, che le manifestazioni a Parigi sono protette dalla polizia, strada per strada, minuto per minuto, dalle frange violente, nel loro caso per lo più apolitiche). Mettendo in prigione, punendo con pene esemplari. È una risposta molto facile, e sciocca. Non ha funzionato allora, non funzionerà adesso. Provocherà anzi un’ulteriore radicalizzazione dei gruppi che adesso sono attratti dalla violenza (ripeto, ancora in maniera germinale e tutto sommato non grave). La crisi economica, la terribile crisi che incombe e che colpirà in primo luogo proprio i giovani, farà il resto.
L’Italia ha un irrisolto problema con la violenza. Negli ultimi cento anni ha vissuto le ecatombi della prima guerra mondiale, con gli ammutinamenti e le fucilazioni delle classi popolari inviate al macello, la ventennale violenta dittatura (lasciamo stare per piacere le visioni edulcorate che vanno per la maggiore) che ne è seguita, la guerra civile che l’ha conclusa, le violente diatribe riguardo alla sua interpretazione che tuttora imperversano, con l’imperante e inaccettabile equiparazione di chi ha lottato per o contro la democrazia, la riattivazione negli anni settanta delle lacerazioni di questa stessa lotta fratricida, le cui ferite non siamo ancora riusciti a curare completamente. Non nascondiamoci questa realtà. Noi italiani abbiamo la violenza nella nostra storia, non abbiamo fatto quello che occorreva per separarcene. Tutti noi. Lo si vede nello svolgersi quotidiano della politica, nel tono di qualsiasi dibattito politico televisivo.
La destra, questa destra corrotta e amorale e molto poco democratica e intollerante, ha delle enormi responsabilità. Per anni ha soffiato sulle ceneri con la sua violenza verbale e la sua grettezza, negando all’avversario qualsiasi dignità, trascinando il paese in un baratro sociale e di idee. Ma anche la sinistra ha le sue colpe. Questa sinistra che non ha saputo creare alternative, che non ha pensato a mandare in pensione i suoi incapaci e vetusti notabili, che s’è separata completamente dalla società civile.
Questi che chiamate delinquenti per me sono ragazzi. Certo incendiare una camionetta e tirare sassi ai poliziotti non è un fatto banale, ma non hanno ancora ammazzato nessuno. Non ancora. Ascoltiamoli. Cerchiamo di capire cosa dicono. Non prendiamoli in giro perché non sanno parlare bene (non dimentichiamo che anche le basi teoriche dei brigatisti erano molto povere). Parliamogli. Diciamogli le cose che la destra retriva degli anni settanta non ha saputo dire ai ragazzi che erano sedotti dalla violenza, macchiandosi a mio parere di un’oggettiva responsabilità. Riconosciamo, come l’hanno fatto gli abitanti della Val di Susa, sindaci in testa, che per certi versi e su certi temi possono avere anche ragione. Proponiamogli delle soluzioni. Costringiamogli a parlare, a usare le armi delle parole. Oppure metteteli in prigione. Demonizzateli. Fatene dei capri espiatori per le vostre irresponsabili strategie politiche e delinquenziali, o per l’incapacità a proporre un’alternativa. Risponderanno alla violenza con una violenza maggiore. Causeranno morte.
Provo tristezza e senso di impotenza.
(questo pezzo è stato preso da qui)
di Giacomo Sartori
Ci risiamo. Purtroppo ci risiamo. Di nuovo la violenza. Di nuovo la prospettiva di una spirale di violenza. C’erano segnali da diverso tempo, per chi avesse le orecchie fini, per chi abbia vissuto gli anni settanta e ricordi molti episodi artigianali e per certi versi patetici, a volte anche buffi, che hanno inaugurato la stagione del terrorismo. Ripeto, anche nella nostra regione. Sì, anche nella nostra regione. Allora come adesso. Ma adesso la cosa è sotto gli occhi di tutti.
Alla violenza si intende rispondere con la violenza. Inasprendo le leggi. Fingendo che i fatti di Roma non si sarebbero potuti evitare con le leggi attuali (sono anni, faccio un esempio, che le manifestazioni a Parigi sono protette dalla polizia, strada per strada, minuto per minuto, dalle frange violente, nel loro caso per lo più apolitiche). Mettendo in prigione, punendo con pene esemplari. È una risposta molto facile, e sciocca. Non ha funzionato allora, non funzionerà adesso. Provocherà anzi un’ulteriore radicalizzazione dei gruppi che adesso sono attratti dalla violenza (ripeto, ancora in maniera germinale e tutto sommato non grave). La crisi economica, la terribile crisi che incombe e che colpirà in primo luogo proprio i giovani, farà il resto.
L’Italia ha un irrisolto problema con la violenza. Negli ultimi cento anni ha vissuto le ecatombi della prima guerra mondiale, con gli ammutinamenti e le fucilazioni delle classi popolari inviate al macello, la ventennale violenta dittatura (lasciamo stare per piacere le visioni edulcorate che vanno per la maggiore) che ne è seguita, la guerra civile che l’ha conclusa, le violente diatribe riguardo alla sua interpretazione che tuttora imperversano, con l’imperante e inaccettabile equiparazione di chi ha lottato per o contro la democrazia, la riattivazione negli anni settanta delle lacerazioni di questa stessa lotta fratricida, le cui ferite non siamo ancora riusciti a curare completamente. Non nascondiamoci questa realtà. Noi italiani abbiamo la violenza nella nostra storia, non abbiamo fatto quello che occorreva per separarcene. Tutti noi. Lo si vede nello svolgersi quotidiano della politica, nel tono di qualsiasi dibattito politico televisivo.
La destra, questa destra corrotta e amorale e molto poco democratica e intollerante, ha delle enormi responsabilità. Per anni ha soffiato sulle ceneri con la sua violenza verbale e la sua grettezza, negando all’avversario qualsiasi dignità, trascinando il paese in un baratro sociale e di idee. Ma anche la sinistra ha le sue colpe. Questa sinistra che non ha saputo creare alternative, che non ha pensato a mandare in pensione i suoi incapaci e vetusti notabili, che s’è separata completamente dalla società civile.
Questi che chiamate delinquenti per me sono ragazzi. Certo incendiare una camionetta e tirare sassi ai poliziotti non è un fatto banale, ma non hanno ancora ammazzato nessuno. Non ancora. Ascoltiamoli. Cerchiamo di capire cosa dicono. Non prendiamoli in giro perché non sanno parlare bene (non dimentichiamo che anche le basi teoriche dei brigatisti erano molto povere). Parliamogli. Diciamogli le cose che la destra retriva degli anni settanta non ha saputo dire ai ragazzi che erano sedotti dalla violenza, macchiandosi a mio parere di un’oggettiva responsabilità. Riconosciamo, come l’hanno fatto gli abitanti della Val di Susa, sindaci in testa, che per certi versi e su certi temi possono avere anche ragione. Proponiamogli delle soluzioni. Costringiamogli a parlare, a usare le armi delle parole. Oppure metteteli in prigione. Demonizzateli. Fatene dei capri espiatori per le vostre irresponsabili strategie politiche e delinquenziali, o per l’incapacità a proporre un’alternativa. Risponderanno alla violenza con una violenza maggiore. Causeranno morte.
Provo tristezza e senso di impotenza.
(questo pezzo è stato preso da qui)
martedì 18 ottobre 2011
Stamattina ho fatto un colloquio in centro per una importante multinazionale. Cercavano un'impiegata junior, sostanzialmente addetta alla contabilità di base, un pò meno di quello che facevo prima. Non mi hanno preso perchè "troppo qualificata per il ruolo".
Io da che parte ruota tutto non riesco a capirlo. Anzi ci rinuncio proprio.
E mi ero pure vestita bene! (che poi è ironico di per sè)
Dimenticavo...come potevo dimenticarlo...
è ufficiale. Questo week end andiamo in montagna in Canada ad arrampicare.
Come ho fatto a dire di sì???
Io odio arrampicare... (ed è scontato... dannatissimi occhi azzurri su camice azzurre...)
Io da che parte ruota tutto non riesco a capirlo. Anzi ci rinuncio proprio.
E mi ero pure vestita bene! (che poi è ironico di per sè)
Dimenticavo...come potevo dimenticarlo...
è ufficiale. Questo week end andiamo in montagna in Canada ad arrampicare.
Come ho fatto a dire di sì???
Io odio arrampicare... (ed è scontato... dannatissimi occhi azzurri su camice azzurre...)
venerdì 7 ottobre 2011
lunedì 3 ottobre 2011
Eros e Thanatos
Mi ero più volte riproposta di non pubblicare questo post. Anzi, in generale di non pubblicare più post riguardanti la mia vita privata, la relazione con il mio solito fidanzato. Eppure qui lo faccio, ancora. Non riesco minimamente a esorcizzare questa sensazione dentro di me. E scrivo.
Sabato sera non ho lavorato come al solito al locale tedesco in quanto c'era un party o simile, un evento su cui Spen si era impuntato notevolmente. Ormai so che quando fa così o mi metto a discutere e finisce che ci andiamo comunque ma con due musi da funerale o che io lavoro e lui ci va da solo e il giorno dopo abbiamo ugualemnte i musi da funerale e cominciano poi, in entrambi i casi, i nostir periodi di silenzio. SOno logorata da quest'ultimi, non ho i nervi per sopportarne altri. Per cui ho detto di sì senza nemmeno fiatare e ho avvisato che non sarei andata al locale. COsì mi sono agghinadata, truccata e sistemata e ho fatto del mio fidanzato una persona felice. Ho bevuto, ho regalato sorrisi di circostanza, ho perfino chiaccherato con qualche stupenda oca che sghignazzava in giro. Mi sono rifatta il trucco in bagno con altre oche conciate come me, annullando ogni forma di residua attività intellettuale e disquisendo unicamente di shopping e cosmetici. Tutto sorridendo.
Ho mangiato finger food che avrà progettate un architetto e bevuto vino francese e californiano che sarà costato più degli ottocento dollari che mi restano sempre in banca. Ma sorridendo.
Peccato solo che abbiano iniziato a parlare di politica.
Adulti con la faccia di gomma, senza una ruga o un'occhiaia che mi chiedo ma questi cazzo non lavorano mai?? con una logica becera da terza elementare, ignoravano perfettamente che al mondo esiste una cosa che si chiama crisi. Ragionavano convinti che ci si possa arricchire tutti con facilità, che non esista nessuno che abbia problemi economici oggi in America e che per ottenere una cosa basta volerla intensamente.
Ho continuato a sorridere. Poi, una votla raggiunto il cesso, firmato e lustro ma sempre cesso è, ho vomitato l'anima.
Ho provato a parlare con Spen, perchè io resto convinta, dopo anni di convivenza e di rapporti, che lui non è così. O almeno non del tutto.
Giuro, ci ho provato, e sono rimasta calma. Finchè lui mi ha detto :"perchè devi sempre trovare da dire agli altri? Ignorali e basta, goditi la festa, guarda la vista che c'è sulla città. Cerchiamo di essere felici." Certo. Happy hour baby, mucho mas margarita.
Con le lacrime agli occhi ho continuato a sorridere. COn le lacrime bruciate lungo le guance ho continuato a sorridere. Mi è finito qualcosa in un occhio scusate, ora corro a rifarmi il trucco.
Il viaggio di ritorno è stato silenzio.
Io non lo sopporto più il silenzio.
"Ti prego facciamo finta di niente. Hai ragione tu, scusa." gli ho detto.
"Siamo andati a casa. Come sempre quello che vuoi Eileen. Come sempre hai vinto tu. Segnati un altro punto." mi ha risposto.
Giuro ancora sorridevo.
E poi nella notte, quando nonostante tutto come ogni volta ci siamo passati sopra e abbiamo comunque fatto l'amore, mentre lo sentivo muoversi dentro di me, avrei voluto che morisse. Giuro su tutto ciò che ho di più caro pregavo che lui morisse, che le cose tornassero facili come quando stava a sei ore d'aereo da me, che non ci fossero più momenti taglienti e aspri come cocci di bottiglia su un pavimento freddo.
Più sentivo che lo amavo ugualmente e più pregavo per la sua morte istantanea.
Una relazione normale. Normale. Solo quello.
Sabato sera non ho lavorato come al solito al locale tedesco in quanto c'era un party o simile, un evento su cui Spen si era impuntato notevolmente. Ormai so che quando fa così o mi metto a discutere e finisce che ci andiamo comunque ma con due musi da funerale o che io lavoro e lui ci va da solo e il giorno dopo abbiamo ugualemnte i musi da funerale e cominciano poi, in entrambi i casi, i nostir periodi di silenzio. SOno logorata da quest'ultimi, non ho i nervi per sopportarne altri. Per cui ho detto di sì senza nemmeno fiatare e ho avvisato che non sarei andata al locale. COsì mi sono agghinadata, truccata e sistemata e ho fatto del mio fidanzato una persona felice. Ho bevuto, ho regalato sorrisi di circostanza, ho perfino chiaccherato con qualche stupenda oca che sghignazzava in giro. Mi sono rifatta il trucco in bagno con altre oche conciate come me, annullando ogni forma di residua attività intellettuale e disquisendo unicamente di shopping e cosmetici. Tutto sorridendo.
Ho mangiato finger food che avrà progettate un architetto e bevuto vino francese e californiano che sarà costato più degli ottocento dollari che mi restano sempre in banca. Ma sorridendo.
Peccato solo che abbiano iniziato a parlare di politica.
Adulti con la faccia di gomma, senza una ruga o un'occhiaia che mi chiedo ma questi cazzo non lavorano mai?? con una logica becera da terza elementare, ignoravano perfettamente che al mondo esiste una cosa che si chiama crisi. Ragionavano convinti che ci si possa arricchire tutti con facilità, che non esista nessuno che abbia problemi economici oggi in America e che per ottenere una cosa basta volerla intensamente.
Ho continuato a sorridere. Poi, una votla raggiunto il cesso, firmato e lustro ma sempre cesso è, ho vomitato l'anima.
Ho provato a parlare con Spen, perchè io resto convinta, dopo anni di convivenza e di rapporti, che lui non è così. O almeno non del tutto.
Giuro, ci ho provato, e sono rimasta calma. Finchè lui mi ha detto :"perchè devi sempre trovare da dire agli altri? Ignorali e basta, goditi la festa, guarda la vista che c'è sulla città. Cerchiamo di essere felici." Certo. Happy hour baby, mucho mas margarita.
Con le lacrime agli occhi ho continuato a sorridere. COn le lacrime bruciate lungo le guance ho continuato a sorridere. Mi è finito qualcosa in un occhio scusate, ora corro a rifarmi il trucco.
Il viaggio di ritorno è stato silenzio.
Io non lo sopporto più il silenzio.
"Ti prego facciamo finta di niente. Hai ragione tu, scusa." gli ho detto.
"Siamo andati a casa. Come sempre quello che vuoi Eileen. Come sempre hai vinto tu. Segnati un altro punto." mi ha risposto.
Giuro ancora sorridevo.
E poi nella notte, quando nonostante tutto come ogni volta ci siamo passati sopra e abbiamo comunque fatto l'amore, mentre lo sentivo muoversi dentro di me, avrei voluto che morisse. Giuro su tutto ciò che ho di più caro pregavo che lui morisse, che le cose tornassero facili come quando stava a sei ore d'aereo da me, che non ci fossero più momenti taglienti e aspri come cocci di bottiglia su un pavimento freddo.
Più sentivo che lo amavo ugualmente e più pregavo per la sua morte istantanea.
Una relazione normale. Normale. Solo quello.
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