venerdì 31 dicembre 2010
giovedì 30 dicembre 2010
Mi sento un medico
Ricevo una persona ogni mezz'ora.
Mi sento strana, mi sento... work in progress. Ho l'ansia a mille.
Sono fuori di testa. Ecco.
Mi sento strana, mi sento... work in progress. Ho l'ansia a mille.
Sono fuori di testa. Ecco.
mercoledì 29 dicembre 2010
Decisioni e dubbi senza apparente fine
Sì, sì, va bene, lo so che è un'idiozia, ma ogni tanto voglio dire, sono una donna anch'io...
E' che poi volevo andare al pub tedesco, e invece no, a qualcosa devo pur pensare per non sentire il vuoto alcolico che mi attanaglia.
Oggi l'argomento del giorno è:
UGG O NON UGG??
Tenendo conto che ho dei piedi assurdi, dolcissimi e inclini a numerose ciocche e i miei stivali neri ormai giacciono consunti e flosci e senza alcun volume spontaneo, l'unica variabile che posso permettermi è quella.
Li vorrei alti e scuri, ma non neri marroni magari, capito come?Da stile un pò in disordine.
Alcuni consigli che mi sono stati dati dopo varie prove:
1)Ma che cazzo fai, sembri più grassa!!(mia sorella)
2)Ma che te frega,tanto vanno di moda(mia cugina Bru)
3)Si! Così sembri la moglie di Shrek (mio fratello)
4)Se ti piacciono te li regalo io... (A.)
5)Alla tua età con quei cosi sembri una deficiente(mia mamma)
6)Che roba chi è sti rob??(mia nonna)
7)Io mi sembro pure più giovane!!(me stessa)
8)Però poi se l'anno prossimo non vanno di moda? (me stessa)
9)E se mi si bagnano?? o si sporcano?(me stessa)
10)Ma via, si fa per cambiare!!(me stessa)
11)...Ma perchè ogni decisione stupida si abbatte su di me come una catastrofe??(me stessa)
12)Come sono depressa(me stessa)
E' che poi volevo andare al pub tedesco, e invece no, a qualcosa devo pur pensare per non sentire il vuoto alcolico che mi attanaglia.
Oggi l'argomento del giorno è:
UGG O NON UGG??
Tenendo conto che ho dei piedi assurdi, dolcissimi e inclini a numerose ciocche e i miei stivali neri ormai giacciono consunti e flosci e senza alcun volume spontaneo, l'unica variabile che posso permettermi è quella.
Li vorrei alti e scuri, ma non neri marroni magari, capito come?Da stile un pò in disordine.
Alcuni consigli che mi sono stati dati dopo varie prove:
1)Ma che cazzo fai, sembri più grassa!!(mia sorella)
2)Ma che te frega,tanto vanno di moda(mia cugina Bru)
3)Si! Così sembri la moglie di Shrek (mio fratello)
4)Se ti piacciono te li regalo io... (A.)
5)Alla tua età con quei cosi sembri una deficiente(mia mamma)
6)Che roba chi è sti rob??(mia nonna)
7)Io mi sembro pure più giovane!!(me stessa)
8)Però poi se l'anno prossimo non vanno di moda? (me stessa)
9)E se mi si bagnano?? o si sporcano?(me stessa)
10)Ma via, si fa per cambiare!!(me stessa)
11)...Ma perchè ogni decisione stupida si abbatte su di me come una catastrofe??(me stessa)
12)Come sono depressa(me stessa)
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Ok, non credo servirà a molto ma ci provo: chiunque possa aiutarmi a reperire, acquistare (anche usate) o scaricare copia delle espansioni del gioco per pc Neverwinter Nights2 è ben accetto!
La disperazione avanza e i risultati svaniscono! Grazie!
Sarò prodiga di ricompense!
La disperazione avanza e i risultati svaniscono! Grazie!
Sarò prodiga di ricompense!
martedì 28 dicembre 2010
domenica 26 dicembre 2010
monopoly
c'e' stato un momento in cui tutto girava vorticoso.. e non c'era tempo per sentire tutto, per fare tutto.. non c'era tempo per dormire e mangiare ne' per guardare le cose che si muovono lente.. poi mi sono ritrovata nei gesti di sempre e negli intercalari.. nelle note cupe e in qualche ritmo su cui ci si può muovere anche da seduti… e in fondo e' così bella questa sera in balia di niente... si può immaginare una strada o mille… si può sorridere della propria imprevedibilità... e decidere di non “aspettare verbo intransitivo”... se tira un po' di vento so come coprirmi con la mia vecchia maglia nera… se ho sonno so come spogliarmi e cercare una posizione che mi racchiuda per tutta la notte… e non ci sono parole da sprecare, niente da dire... nonostante tutto mi sento ancora io…
venerdì 24 dicembre 2010
E' ufficiale
...non so più guidare senza cambio automatico! :(
E devo reimparare che il qui è Natale e non Xmas, e che i negozi hanno orari.
Che caos della Vigilia!!
E devo reimparare che il qui è Natale e non Xmas, e che i negozi hanno orari.
Che caos della Vigilia!!
giovedì 23 dicembre 2010
a più tardi
Ho dormito come non ricordavo da tempo, di un sonno leggero ma riposante. Sentivo la pioggia sul tetto, mi accoccolavo sotto il piumone, ascoltavo il respiro ritmico di mia sorella. ho aperto gli occhi e sapevo perfettamente dove fossi.
Ora il brodo di cappone ribolle da ore sul fuoco, e anche se lo ammetto l'odore non è il massimo, ma l'atmosfera lo è. Mia nonna impasta la torta al ciocolato e canticchia, mio padre dorme sul divano, Ale è al lavoro. L'albero è fatto in sala con le stesse identiche decorazioni di quando eravamo bambine, appare un pò kitch ma le lucine nuove lo rendono unico. sotto ci sono cinque anni di regali. Mia sorella me l'ha sempre preso anche se io non l'ho mai ritirato. E' un pensiero struggente.
Bevo un tè natalizio per svegliarmi e inzuppo biscotti al burro.
mi sono arrivati tanti sms ora, da tanti amici, familiari, persone vicine. I vicini del condominio invece sono già passati più o meno tutti a salutarmi, ma il meglio so deve ancora venire. Fra poco ho intenzione di uscire, a fare un giro per il corso come anni fa, a prendere una cioccololata da Cesare, a guardare gli alberi di Annabella in piazza Vittoria. COn mia sorella, come al liceo. come in un sogno, o nel sogno di un sogno. Poi voglio andare in studio a salutare come si deve entrambi i notai, quello di sempre e quello nuovo, perchè ieri eravamo entrambi troppo sotto shock.
Poi ho le amiche del corso di danza, i compagni di università, quelli del liceo, gli amici di sempre, tanta tanta gente da rivedere, da reicontrare per caso per strada, mentre le mia guance diventano rosse e le labbra restano semi aperte.
"Nella profondità dell’inverno, ho finalmente imparato che dentro di me c’è un’estate invincibile".
(Albert Camus)
Ora il brodo di cappone ribolle da ore sul fuoco, e anche se lo ammetto l'odore non è il massimo, ma l'atmosfera lo è. Mia nonna impasta la torta al ciocolato e canticchia, mio padre dorme sul divano, Ale è al lavoro. L'albero è fatto in sala con le stesse identiche decorazioni di quando eravamo bambine, appare un pò kitch ma le lucine nuove lo rendono unico. sotto ci sono cinque anni di regali. Mia sorella me l'ha sempre preso anche se io non l'ho mai ritirato. E' un pensiero struggente.
Bevo un tè natalizio per svegliarmi e inzuppo biscotti al burro.
mi sono arrivati tanti sms ora, da tanti amici, familiari, persone vicine. I vicini del condominio invece sono già passati più o meno tutti a salutarmi, ma il meglio so deve ancora venire. Fra poco ho intenzione di uscire, a fare un giro per il corso come anni fa, a prendere una cioccololata da Cesare, a guardare gli alberi di Annabella in piazza Vittoria. COn mia sorella, come al liceo. come in un sogno, o nel sogno di un sogno. Poi voglio andare in studio a salutare come si deve entrambi i notai, quello di sempre e quello nuovo, perchè ieri eravamo entrambi troppo sotto shock.
Poi ho le amiche del corso di danza, i compagni di università, quelli del liceo, gli amici di sempre, tanta tanta gente da rivedere, da reicontrare per caso per strada, mentre le mia guance diventano rosse e le labbra restano semi aperte.
"Nella profondità dell’inverno, ho finalmente imparato che dentro di me c’è un’estate invincibile".
(Albert Camus)
mercoledì 22 dicembre 2010
Pavia. E null'altro.
Sono a casa. Insomma vi scrivo da Pavia. Ed è indescrivibile la sensazione di stare di nuovo qui. Credevo sarei finita nella mia vecchia cameretta, invece hanno messo me e mia sorella nella mansardina che i miei avevano comprato per mio fratello, che alla fine rimane nello stesso stabile, solo quattro piani più su. Così la nonna ha finalmente una camera propria e mio fratello è stato infelicemente sfrattato nella sua vecchia stanza.
In ogni caso mi appare tutto assurdo. La mansarda è favolosa, pulita, silenziosa, rimessa a nuovo. Mi sento meravigliosamente. Non ci sono finestre ma solo abbaini, per cui il mondo esterno non trapela. Le luci sono soffuse e in linea di massima l’ambiente è abbastanza buio e confortevole. Fuori piove e il rumore della pioggia sul tetto è la miglior terapia possibile.
Giù di sotto ci sono tutti, ed è un pensiero confortante.
Mia madre ha cucinato il risotto con i porri, un gusto che non ricordavo più. Il gusto della famiglia, quella vera, quella autentica, quella che non ti scegli, quella che ti calza addosso come una scarpa stretta ma che cristo, quanto mi era mancata!
Sono stanchissima, lo ammetto, ma non riesco a prendere sonno. Il letto ha le lenzuola fresche e profumate di lavanda, ma sarà il jet leg, sarà l’emozione no lo so, ma gli occhi non si chiudono.
E’ stata una giornata intesa.
Sono partita da NYC che era ancora buio, con un uomo con cui non parlo dall’altra sera, che ha tirato fuori la mercedes rossa dal garage e ha guidato nel traffico folle del mattino perché non ha voluto che prendessi un cab come era previsto. Un uomo che non riusciva a lasciarmi andare. Che mi teneva abbracciata così stretta da farmi mancare il fiato e ripeteva come un liet motive “dimmi che torni. Perché torni vero? Dimmi che torni.” E io a snocciolare rassicurazioni, che non sono nemmeno brava a dare. Hai il numero di casa dei miei, del cellulare italiano, di quello di mia sorella, hai la mail. Ho promesso che tornerò, e dentro di me lo so che tornerò, perché io torno sempre da Spencer. Diamo alle cose il loro nome. Ma non ora. Ora sono qui, ora sono in terapia, ora voglio provare a me stessa che non si muore fra queste cazzo di mura pavesi color pesca.
Respira Ele, respira. Eleonora. E qui ti devi abituare, rassegnare persino non ci sono cazzi.
Sono partita dal JFK e non ci sono abituata, era tutto strano, diverso.
Ho pranzato in aereo, arrosto freddo, cavolini di bruxelles, un pacchetto di cracker, un arancia un budino alla vaniglia un caffè che sembrava sciacquo di piatti.
Sono arrivata a Malpensa e avevo un peso enorme in mezzo al petto. Ho trovato ad aspettarmi mia sorella. Mia sorella. E’ strano pensare che la persona a cui vuoi più bene al mondo è davanti a te, e tu te le ricordi molto diversa, con i capelli corti tinti color ciliegia e la gonna corta e i tacchi, e ora è magra da far spavento, con i capelli lunghi corvini, i jeans sgualciti e le all-star.
Sono passati cinque anni eppure non è passato un solo minuto.
Ti voglio bene Annina, te ne voglio davvero.
Accetto ogni concorso di colpa.
In auto mi dice “ho detto alla mamma che arrivavi domani. Ora andiamo a farle una bella sorpresa.”
Entrare in Pavia è stato a dir poco scioccante. Era tutto familiare eppure così differente, così cambiato.
Siamo andate in studio, in centro. Abbiamo suonato e la porta si aperta come sempre, senza che nessuno chiedesse chi è. Siamo salite, un androne di un palazzo, millemila ricordi. Mia sorella entra, io aspetto.
Sento le loro voci. Mia madre le chiede se ci sono problemi, come mai è andata in studio. E lei le risponde che ha trovato una persona che voleva vederla. E mia madre le chiede chi.
Io entro.
Non lo so se si può definire lo stupore. O il tono con cui la suo voce ha detto semplicemente “Eleonora.”
Il mio nome. La sola parola che non volevo dicesse, eppure la sola parola per cui ho pianto.
Ci siamo sedute con lei e abbiamo parlato con calma, insomma, con quella che era possibile, Abbiamo chiamato il bar e ci siamo fatte portare il caffè, Gesù il caffè…
E dall’ufficio chiuso, quell’ufficio in cui ho studiato greco, in cui ho imparato a redigere i testamenti olografi, o i rogiti, quell’ufficio in cui ancora oggi saprei cercare tutto nei codici, è uscito lui. E non era calcolato.
E credo ci sia ancora tanto da dire sullo stupore.
Aveva in mano un atto e ha tirato su gli occhi e si è fermato. Potevo quasi sentire il suo cuore a mille.
Occhi negli occhi.
Mia madre si alza e gli dice “Eleonora è tornata a casa per Natale, ma io credevo arrivasse domani. Sono venute a trovarmi, lei e Anna.” Silenzio.
Occhi negli occhi.
“Avevi bisogno di qualcosa per la pratica X, Andrea?”
Gli lo ha dovuto chiedere due volte.
Io sono rimasta zitta. Ha parlato lui per primo.
Ma c’è tempo per le parole, c’è tempo per le spiegazioni, c’è tempo per andare oltre.
Ho chiamato a NYC sono arrivata sono viva sto bene stai tranquillo.
Ho ricevuto il mio primo sms italiano. Sto re imparando una lingua con un accento buffo che mi porto dietro. Vado a disfare i bagagli, mia sorella fra poco salirà, vorrà parlare come se si potesse in una notte recuperare anni. Chissà. Forse si può.
Respiro. Intanto faccio quello. E poi speriamo, e si vedrà.
In ogni caso mi appare tutto assurdo. La mansarda è favolosa, pulita, silenziosa, rimessa a nuovo. Mi sento meravigliosamente. Non ci sono finestre ma solo abbaini, per cui il mondo esterno non trapela. Le luci sono soffuse e in linea di massima l’ambiente è abbastanza buio e confortevole. Fuori piove e il rumore della pioggia sul tetto è la miglior terapia possibile.
Giù di sotto ci sono tutti, ed è un pensiero confortante.
Mia madre ha cucinato il risotto con i porri, un gusto che non ricordavo più. Il gusto della famiglia, quella vera, quella autentica, quella che non ti scegli, quella che ti calza addosso come una scarpa stretta ma che cristo, quanto mi era mancata!
Sono stanchissima, lo ammetto, ma non riesco a prendere sonno. Il letto ha le lenzuola fresche e profumate di lavanda, ma sarà il jet leg, sarà l’emozione no lo so, ma gli occhi non si chiudono.
E’ stata una giornata intesa.
Sono partita da NYC che era ancora buio, con un uomo con cui non parlo dall’altra sera, che ha tirato fuori la mercedes rossa dal garage e ha guidato nel traffico folle del mattino perché non ha voluto che prendessi un cab come era previsto. Un uomo che non riusciva a lasciarmi andare. Che mi teneva abbracciata così stretta da farmi mancare il fiato e ripeteva come un liet motive “dimmi che torni. Perché torni vero? Dimmi che torni.” E io a snocciolare rassicurazioni, che non sono nemmeno brava a dare. Hai il numero di casa dei miei, del cellulare italiano, di quello di mia sorella, hai la mail. Ho promesso che tornerò, e dentro di me lo so che tornerò, perché io torno sempre da Spencer. Diamo alle cose il loro nome. Ma non ora. Ora sono qui, ora sono in terapia, ora voglio provare a me stessa che non si muore fra queste cazzo di mura pavesi color pesca.
Respira Ele, respira. Eleonora. E qui ti devi abituare, rassegnare persino non ci sono cazzi.
Sono partita dal JFK e non ci sono abituata, era tutto strano, diverso.
Ho pranzato in aereo, arrosto freddo, cavolini di bruxelles, un pacchetto di cracker, un arancia un budino alla vaniglia un caffè che sembrava sciacquo di piatti.
Sono arrivata a Malpensa e avevo un peso enorme in mezzo al petto. Ho trovato ad aspettarmi mia sorella. Mia sorella. E’ strano pensare che la persona a cui vuoi più bene al mondo è davanti a te, e tu te le ricordi molto diversa, con i capelli corti tinti color ciliegia e la gonna corta e i tacchi, e ora è magra da far spavento, con i capelli lunghi corvini, i jeans sgualciti e le all-star.
Sono passati cinque anni eppure non è passato un solo minuto.
Ti voglio bene Annina, te ne voglio davvero.
Accetto ogni concorso di colpa.
In auto mi dice “ho detto alla mamma che arrivavi domani. Ora andiamo a farle una bella sorpresa.”
Entrare in Pavia è stato a dir poco scioccante. Era tutto familiare eppure così differente, così cambiato.
Siamo andate in studio, in centro. Abbiamo suonato e la porta si aperta come sempre, senza che nessuno chiedesse chi è. Siamo salite, un androne di un palazzo, millemila ricordi. Mia sorella entra, io aspetto.
Sento le loro voci. Mia madre le chiede se ci sono problemi, come mai è andata in studio. E lei le risponde che ha trovato una persona che voleva vederla. E mia madre le chiede chi.
Io entro.
Non lo so se si può definire lo stupore. O il tono con cui la suo voce ha detto semplicemente “Eleonora.”
Il mio nome. La sola parola che non volevo dicesse, eppure la sola parola per cui ho pianto.
Ci siamo sedute con lei e abbiamo parlato con calma, insomma, con quella che era possibile, Abbiamo chiamato il bar e ci siamo fatte portare il caffè, Gesù il caffè…
E dall’ufficio chiuso, quell’ufficio in cui ho studiato greco, in cui ho imparato a redigere i testamenti olografi, o i rogiti, quell’ufficio in cui ancora oggi saprei cercare tutto nei codici, è uscito lui. E non era calcolato.
E credo ci sia ancora tanto da dire sullo stupore.
Aveva in mano un atto e ha tirato su gli occhi e si è fermato. Potevo quasi sentire il suo cuore a mille.
Occhi negli occhi.
Mia madre si alza e gli dice “Eleonora è tornata a casa per Natale, ma io credevo arrivasse domani. Sono venute a trovarmi, lei e Anna.” Silenzio.
Occhi negli occhi.
“Avevi bisogno di qualcosa per la pratica X, Andrea?”
Gli lo ha dovuto chiedere due volte.
Io sono rimasta zitta. Ha parlato lui per primo.
Ma c’è tempo per le parole, c’è tempo per le spiegazioni, c’è tempo per andare oltre.
Ho chiamato a NYC sono arrivata sono viva sto bene stai tranquillo.
Ho ricevuto il mio primo sms italiano. Sto re imparando una lingua con un accento buffo che mi porto dietro. Vado a disfare i bagagli, mia sorella fra poco salirà, vorrà parlare come se si potesse in una notte recuperare anni. Chissà. Forse si può.
Respiro. Intanto faccio quello. E poi speriamo, e si vedrà.
martedì 21 dicembre 2010
...è successo un disastro...
lunedì 20 dicembre 2010
Ragionamenti
Insomma, stando a casa oramai ho letto tutti i gossip possibili... in pratica il George è impegnato, il mio Leo sta per sposarsi e si compra pure casa al calduccio, l'Orlando fra meno di un mesetto diventa papà e il Brad ce lo siamo giocate da mò.
Ecco. Meno male che mi resta il dottor Reed...
(no, non quello qui sopra, l'altro...)
sabato 18 dicembre 2010
Ansie
Ieri mattina sono uscita da sola. Ho preso la metro qui per la prima volta nella mia vita e sono sopravvissuta. Sono andata al Chelsea Market e sono sopravvisuta. Ho girato un sacco di negozi fra cui l'Amy Bread, il Fat Witch Browinies, Ronnybrook, e anhce la macelleria Frank's. E sono stata benissimo. Mi girava la testa, guardavo la gente e non capivo chi ero dov'ero, ma è stato... bello? Forse banale come descrizione ma calzante. Sono crollata a pranzare al Green Table e mi sono scofanata una quantità industriale di verdure, patate e tofu e tè nero. E lì seduta mi sono resa conto che buona parte della mia ansia me la butta addosso lui. Poi ho formulato una sorta di teoria del complotto per cui lui gode a vedermi spaventata e piccola, perchè? perchè sono assai più controllabile. Poi mi sono ravveduta e resa conto che non sono certo controllabile o manleabile, io. Ma che lui centra con la mia ansia sì.
Infatti come da programma mi squilla il cellulare mentre ero in giro.
"DOVE SEI??? ho chiamato a casa e non mi hai risposto!!"
"si sono in giro."
"IN GIRO?? DA SOLA?? CON QUESTO FREDDO??"
"Per forza da sola, non conosco nessuno qui.."
" E dove sei?? E' un quartiere sicuro??"
"Si sono a Chelsea."
Lui riprende a respirare dopo tutto quell'iperventilare.
"Eileen, torna a casa. SE vuoi esco prima oggi e andiamo fuori a cena.."
"No non ce n'è bisogno, va tutto bene. Sto bene. Mangio un boccone e poi voglio fare i regali di natale da portare a casa visto che non ho preso ancora niente."
Riparte l'iperventilazione.
Evita i luoghi solitari. Evita i luoghi affollati. Stai attenta alla borsa. Nono prendere la metro. Non usare la cartina. Non parlare con nessuno.
Aspettavo un "e poi corri e chiuditi in convento".
Infatti come da programma mi squilla il cellulare mentre ero in giro.
"DOVE SEI??? ho chiamato a casa e non mi hai risposto!!"
"si sono in giro."
"IN GIRO?? DA SOLA?? CON QUESTO FREDDO??"
"Per forza da sola, non conosco nessuno qui.."
" E dove sei?? E' un quartiere sicuro??"
"Si sono a Chelsea."
Lui riprende a respirare dopo tutto quell'iperventilare.
"Eileen, torna a casa. SE vuoi esco prima oggi e andiamo fuori a cena.."
"No non ce n'è bisogno, va tutto bene. Sto bene. Mangio un boccone e poi voglio fare i regali di natale da portare a casa visto che non ho preso ancora niente."
Riparte l'iperventilazione.
Evita i luoghi solitari. Evita i luoghi affollati. Stai attenta alla borsa. Nono prendere la metro. Non usare la cartina. Non parlare con nessuno.
Aspettavo un "e poi corri e chiuditi in convento".
giovedì 16 dicembre 2010
Flowers
Stanotte mi ha detto "I adore the fragile confines of your body, my love..."
e mi sono sciolta, lo ammetto.
Eppure continuo a sentirmi una merda.
e mi sono sciolta, lo ammetto.
Eppure continuo a sentirmi una merda.
mercoledì 15 dicembre 2010
Riassunto/2
Ho torvato un biglietto aereo per mercoledì prossimo. Mi è costato un salasso ma pazienza. Spen ci è rimasto male, credo non si aspettasse che alla fine andassi, e sopratutto così presto. Lui andrà a Londra il giorno successivo, come stabilito, e amen e cosìsia.
Per il resto non ho grandi novità di sorta, vivo reclusa perchè fuori si gela letteralmente, vorrei fare qualche giro strano, diverso, vedere chessò COney Island, o Harlem, ma al solo accenno lui fa una faccia come se gli avessi picchiato la nonna... e da sola non me la sento, non ancora. SOno ancora smarrita, passo le giornate a scrivere, leggere, giocare al pc, telfonare ad Ash prima e dopo ogni pasto come una prescrizione medica, a guardare nel vuoto fuori dalle vetrate lucide, a fissare nel riflesso lo scintillio delle lucine di Natale delle Quinta. E a sforzarmi. Ogni giorno mi sforzo. Un pò è una sofferenza un pò è una terapia.
CI parliamo come impiegati alla macchina del caffè.
E viviamo entrambi di silenzioso, affamato, sesso consolatorio.
martedì 14 dicembre 2010
"Illuminazione davanti al banco dei surgelati
anche la sofferenza
ha la sua data di scadenza".
(Francesca Genti)
E c’è un disgelo – lo sai, vero Eileen? - anche per i cuori in inverno.
anche la sofferenza
ha la sua data di scadenza".
(Francesca Genti)
E c’è un disgelo – lo sai, vero Eileen? - anche per i cuori in inverno.
lunedì 13 dicembre 2010
Riassunto
La stanchezza mi assale, come al solito non c'è verso di dormire e mi rifiuto come sempre di prendere quelle stramaledette gocce. E giro, e scrivo. Qui ho persino paura di cucinare per non sporcare il candore immacolato di questa specie santuario. Non faccio nulla; vorrei pulire, lavare stirare, trasformarmi in una casalinga semi perfetta e lui "noooo! C'è Teresa!" e questa mi gira intorno mentre fisso il vuoto su un divano scomodo che non è mio. E lui è al lavoro. E io sono sola.
Poi sabato super mega litigata. Però come fa bene scaricarsi... lui vuole passare il natale a Londra, visto che sua madre non sta bene, e continua a rinfacciarmi che potrebbe essere il suo ultimo natale... io voglio, devo tornare a casa. Perchè non sto bene. E non so poi nemmeno io perchè nè se mi farà bene, ma sono cos' esausta di pensare... per cui sono volate parole grosse, che dopo uno dice non volevo dirlo, non lo pensavo davvero, eppure si sa in fondo al cuore, che non è così... alla fine mi sono messa a urlargli insulti in italiano che non poteva capire, e lui sul traduttore informatico a cercarne il significato...e io a pensare a quanto fosse lontano il Texas..
Poi ieri è stato ancora peggio... Ero in cucina e volevo prepararmi un sandwich, un pranzo vecchia maniera, io sola su un divano. E prendo un coltello a caso con gli occhi ancora gonfi di pianto, e non mi accorgo che è un coltello liscio, che non va bene per il pane. Per cui cerco di tagliare la fetta e trac! La lama scivola sulla crosta e praticamente mi si pianta fra il dorso della mano e il polso, e lì resta. Non ho neppure sentito male. sono rimasta lì come un'ebete a guardare la lama nella mia carne. e senza pensare l'ho tirata via, con una lentezza inverosimile. E lì è partito il fiotto di sangue. E lì mi sono svegliata dal mio torpore e ho sentito il male. Eppure è stato spaventosamente come una volta: dolore fisico, allora ecco, sono viva. E il sangue sempbrava impazzito non si fermava più, lordava stracci e piani di lavoro. Mi sono messa a urlare "SPEN!!" e lui è corso come un razzo e credo che gli stessero per cadere gli occhi.
Io urlavo corriamo all'ospedale ma lui si è rifiutato, asserendo che sarei morta prima dissanguata nell'attesa, che non avevo idea del tempo di attesa a NY. Così siamo usciti correndo, semi vestiti e semi in tuta, con uno straccio carminio premuto forte sul mio polso, diretti a piedi allo studio di uno dei suoi "amici della palestra" che fa il ginecologo ma empre un medico è, che abita pure lui nell'Upper Est. E la cosa assurda è che per strada, mentre lui era bianco come un morto e spaventatissimo, a me è preso un attacco di ridarella, chissà poi perchè. E ridevo come un'idiota, ridevo e piangevo. eLui credo si sia spaventato ancora di più, e alla fine si è arrabbiato, e poi non lo so nemmeno, e davanti alla porta della browntown mi dice "non l'ho mai fatto in tutta la mia vita, ma giuro sull'anima di mio padre, che se no la smetti ti metto le mani addosso!" e mi sono zittita. Poi il super perfetto ginecologo che pareva il solito modello di gomma ci apre e mi fa accomodare in studio. Mi fa delle micro iniezioni, e si ferma l'emorragia. Poi con un mega sorriso di plastica mi mette sette punti. E io parto, in pieno delirio credo a ripetere è stato un incidente. E lui lo so. E io è stato un incidente. E lui lo so. E io è stato un incidente. E lui sta zitto. Alla fine mi applica la medicazione e va di là a parlare con SPen.
Ringraziamo, sorridiamo, torniamo a casa.
Silenzio.
In casa mi dice "Come è successo?"
"Te l'ho già detto, è stato uno stupido incidente, stavo taglaindo il pane ho sbagliato coltello, scusa."
"E perchè ridevi?"
"non lo so."
"Eileen, Andrew (Il ginecologo ndr) mi ha detto che sospetta che non sia stato un incidente. Che eri strana."
"E cioè? cosa vorrebbe dire??"
"Che secondo lui è una ferita autoinflitta."
"MA SEI SCEMO???"
"Eileen, sei autolesionista? Stai così male? io mi sono reso conto del tuo disagio ma addirittura..."
Mi alzo, indignata, tronco il discorso.
Salto la cena, mi chiudo nel mio ostinato silenzio, mi metto sotto le coperte e non pronuncio più una parola, una sillaba. E anche lui.
Aspetto che vada al lavoro.
Poi sabato super mega litigata. Però come fa bene scaricarsi... lui vuole passare il natale a Londra, visto che sua madre non sta bene, e continua a rinfacciarmi che potrebbe essere il suo ultimo natale... io voglio, devo tornare a casa. Perchè non sto bene. E non so poi nemmeno io perchè nè se mi farà bene, ma sono cos' esausta di pensare... per cui sono volate parole grosse, che dopo uno dice non volevo dirlo, non lo pensavo davvero, eppure si sa in fondo al cuore, che non è così... alla fine mi sono messa a urlargli insulti in italiano che non poteva capire, e lui sul traduttore informatico a cercarne il significato...e io a pensare a quanto fosse lontano il Texas..
Poi ieri è stato ancora peggio... Ero in cucina e volevo prepararmi un sandwich, un pranzo vecchia maniera, io sola su un divano. E prendo un coltello a caso con gli occhi ancora gonfi di pianto, e non mi accorgo che è un coltello liscio, che non va bene per il pane. Per cui cerco di tagliare la fetta e trac! La lama scivola sulla crosta e praticamente mi si pianta fra il dorso della mano e il polso, e lì resta. Non ho neppure sentito male. sono rimasta lì come un'ebete a guardare la lama nella mia carne. e senza pensare l'ho tirata via, con una lentezza inverosimile. E lì è partito il fiotto di sangue. E lì mi sono svegliata dal mio torpore e ho sentito il male. Eppure è stato spaventosamente come una volta: dolore fisico, allora ecco, sono viva. E il sangue sempbrava impazzito non si fermava più, lordava stracci e piani di lavoro. Mi sono messa a urlare "SPEN!!" e lui è corso come un razzo e credo che gli stessero per cadere gli occhi.
Io urlavo corriamo all'ospedale ma lui si è rifiutato, asserendo che sarei morta prima dissanguata nell'attesa, che non avevo idea del tempo di attesa a NY. Così siamo usciti correndo, semi vestiti e semi in tuta, con uno straccio carminio premuto forte sul mio polso, diretti a piedi allo studio di uno dei suoi "amici della palestra" che fa il ginecologo ma empre un medico è, che abita pure lui nell'Upper Est. E la cosa assurda è che per strada, mentre lui era bianco come un morto e spaventatissimo, a me è preso un attacco di ridarella, chissà poi perchè. E ridevo come un'idiota, ridevo e piangevo. eLui credo si sia spaventato ancora di più, e alla fine si è arrabbiato, e poi non lo so nemmeno, e davanti alla porta della browntown mi dice "non l'ho mai fatto in tutta la mia vita, ma giuro sull'anima di mio padre, che se no la smetti ti metto le mani addosso!" e mi sono zittita. Poi il super perfetto ginecologo che pareva il solito modello di gomma ci apre e mi fa accomodare in studio. Mi fa delle micro iniezioni, e si ferma l'emorragia. Poi con un mega sorriso di plastica mi mette sette punti. E io parto, in pieno delirio credo a ripetere è stato un incidente. E lui lo so. E io è stato un incidente. E lui lo so. E io è stato un incidente. E lui sta zitto. Alla fine mi applica la medicazione e va di là a parlare con SPen.
Ringraziamo, sorridiamo, torniamo a casa.
Silenzio.
In casa mi dice "Come è successo?"
"Te l'ho già detto, è stato uno stupido incidente, stavo taglaindo il pane ho sbagliato coltello, scusa."
"E perchè ridevi?"
"non lo so."
"Eileen, Andrew (Il ginecologo ndr) mi ha detto che sospetta che non sia stato un incidente. Che eri strana."
"E cioè? cosa vorrebbe dire??"
"Che secondo lui è una ferita autoinflitta."
"MA SEI SCEMO???"
"Eileen, sei autolesionista? Stai così male? io mi sono reso conto del tuo disagio ma addirittura..."
Mi alzo, indignata, tronco il discorso.
Salto la cena, mi chiudo nel mio ostinato silenzio, mi metto sotto le coperte e non pronuncio più una parola, una sillaba. E anche lui.
Aspetto che vada al lavoro.
venerdì 10 dicembre 2010
Comunicazione Organizzativa di Servizio
La presente per informarVi che ho sentito la mia gentil madre, sul tema delle vacanze natalizie. Io sarei anche in vacanza tutto l'anno oramai... Vabbè. Mi dice "non te lo chiedo neanche." E io "No, chiedimelo."
Silenzio.
"Vieni a casa per Natale?"
"Si."
E ancora più incredibile, non so se avete notato, ora sono anche su Twitter.
Follow me.
Silenzio.
"Vieni a casa per Natale?"
"Si."
E ancora più incredibile, non so se avete notato, ora sono anche su Twitter.
Follow me.
giovedì 9 dicembre 2010
Thinker
Mentre tutta la città è in totale fermento per il Natale imminente, io sistemo pian piano le mie cose. Avevo un bel cassetto, ora ho un armadio, un comò, una scarpiera, un bagnetto tutto mio. E meno male perchè io ho tipo due creme viso, un bagnoschiuma e una crema corpo, lui ne ha tipo millemila di ognuno. Le mie nike fruste accanto alle sue FratelliRossetti. Le mie collant smagliate fra i suoi calzini di puro chachemire. Che c'è di male mi ripeto. Lui è così io sono così. CI vogliamo bene lo stesso, siamo opposti e complementari ed è un pensiero bello. Mi ci crogiolo finchè riesco, finchè posso. Finchè non mi parte l'ansia mille e mi manca il fiato, l'aria, finchè vorrei ficcare tutto di corsa nelle valigie e tornare da dove sono venuta.
Qui non c'è il mio spazio, qui non c'è il mio divano, le mie luci soffuse, il mio buio imperante che confonde le forme. Qui è il regno del trasparente e del traslucido e mi sento osservata da tutte le parti: la cucina mi guarda, il salotto mi spia, la sala da pranzo poi mi ossessiona. E lui è dovunque.
E' davvero così orrendo, criminale, è perpetrare un delitto desiderare un mattone, una sedia, un posticino piccollissimo e infimo solo ed esclusivamente per me?
Di mio, di mio soltanto, cosa rimane?
Qui non c'è il mio spazio, qui non c'è il mio divano, le mie luci soffuse, il mio buio imperante che confonde le forme. Qui è il regno del trasparente e del traslucido e mi sento osservata da tutte le parti: la cucina mi guarda, il salotto mi spia, la sala da pranzo poi mi ossessiona. E lui è dovunque.
E' davvero così orrendo, criminale, è perpetrare un delitto desiderare un mattone, una sedia, un posticino piccollissimo e infimo solo ed esclusivamente per me?
Di mio, di mio soltanto, cosa rimane?
mercoledì 8 dicembre 2010
martedì 7 dicembre 2010
ok
Sono due notti che non dormo, e sono a pezzi, letteralmente.
Ok. Le valigie sono pronte chiuse e ci sto seduta sopra. La macchina è al suo posto.
La Vale dorme. Ho una bella scorta di fazzoletti in borsa. I documenti ce li ho.
Ho dato a mia madre il nuovo indirizzo e il telefono.
Il biglietto ce l'ho nella borsa, solo andata.
Le valigie le ho pesate e sono del tutto fuori carico. Pagherò un salasso.
La carta di credito l'ho presa.
Ho anche l'acqua per il viaggio.
Aspetto Ash e il marito per andare in aereoporto, che non hanno voluto nel modo più assoluto che prendessi un cab. La gentilezza della famiglia.
Parto. Poi arrivo. E poi? non lo so.
Ma parto.
Ok. Per dirla in un modo conosciuto, mia cara, carissima Eileen, adesso vediamo quanto è profonda la tana del bianconiglio.
Ciao a tutti. Ci risentiamo da New York. Forse.
Ok. Le valigie sono pronte chiuse e ci sto seduta sopra. La macchina è al suo posto.
La Vale dorme. Ho una bella scorta di fazzoletti in borsa. I documenti ce li ho.
Ho dato a mia madre il nuovo indirizzo e il telefono.
Il biglietto ce l'ho nella borsa, solo andata.
Le valigie le ho pesate e sono del tutto fuori carico. Pagherò un salasso.
La carta di credito l'ho presa.
Ho anche l'acqua per il viaggio.
Aspetto Ash e il marito per andare in aereoporto, che non hanno voluto nel modo più assoluto che prendessi un cab. La gentilezza della famiglia.
Parto. Poi arrivo. E poi? non lo so.
Ma parto.
Ok. Per dirla in un modo conosciuto, mia cara, carissima Eileen, adesso vediamo quanto è profonda la tana del bianconiglio.
Ciao a tutti. Ci risentiamo da New York. Forse.
domenica 5 dicembre 2010
Ci sono giorni che vanno e non vengono
"nulla che sia dolce... dicevo... scrivevo... quando avevo bisogno di un pugno in faccia... ealcune notti con il capore troppo amaro di tabacco ho pensato che fosse l'unica soluzione... oggi in confronto mi sembra dolce anche un topo spiaccicato sulla statale...
Il mio regno -se mai ne avessi ancora uno- per un pezzettino di realtà buona che non sia mentale...
Il mio regno -se mai ne avessi ancora uno- per un pezzettino di realtà buona che non sia mentale...
venerdì 3 dicembre 2010
giovedì 2 dicembre 2010
Ieri l'ho incontrato.
Ho fatto due passi in centro, per uscire, per svagarmi, perchè volevo andare al parco, perchè volevo ancora vedere i cieli del Texas, perchè sennò esplodevo ad aprire i miei armadi e trovarci i vestiti della Vale dentro.
E l'ho incontrato.
E' stato un istante, forse meno, un secondo non so, in cui mi sono accorta che era lui, vestito giacca&cravatta soprabito nero. Il cuore parte a mille, mi esplode nel petto mi manca l'aria, oddio soffoco... e lui, lui alza lo sguardo e trova il mio.
Poi entra veloce in un locale, senza proferire parola che possa essere scambiata per un saluto. In silenzio.
I miei occhi, i suoi occhi.
E se ne è andato.
Mi sono sentita come in un film, con la folla che veloce mi passava accanto, mi sfioravano, mi urtavano, e nessuno, nessuno si accorgeva di me ferma a piangere.
Ho fatto due passi in centro, per uscire, per svagarmi, perchè volevo andare al parco, perchè volevo ancora vedere i cieli del Texas, perchè sennò esplodevo ad aprire i miei armadi e trovarci i vestiti della Vale dentro.
E l'ho incontrato.
E' stato un istante, forse meno, un secondo non so, in cui mi sono accorta che era lui, vestito giacca&cravatta soprabito nero. Il cuore parte a mille, mi esplode nel petto mi manca l'aria, oddio soffoco... e lui, lui alza lo sguardo e trova il mio.
Poi entra veloce in un locale, senza proferire parola che possa essere scambiata per un saluto. In silenzio.
I miei occhi, i suoi occhi.
E se ne è andato.
Mi sono sentita come in un film, con la folla che veloce mi passava accanto, mi sfioravano, mi urtavano, e nessuno, nessuno si accorgeva di me ferma a piangere.
mercoledì 1 dicembre 2010
Primo Giorno
Come previsto, mi sono alzata lo stesso. Non devo andare al lavoro, non più.
E mi sono alzata, vestita e preparata come ogni giorno.
E ora sto seduta qui e penso a che cazzo fare.
Dovrei prepare le valigie. Ho una prenotazione aerea che non ho voglia di rispettare e mi resta poco tempo, pochi giorni.
Ieri la festa c'è stata davvero, hanno portato quelle orribili torte americane rivestite di burro colorato di colori pazzeschi, eppure l'ho mangiata, eppure era buona. Mi hanno regalato un mega collage fatto da tante foto mie e delle mie colleghe, scattate in questi anni. Non vi dico. HO pianto talmente tanto che non riuscivo più a respirare.mi sono chiusa in bagno e Ash è dovuta venire a soccorrermi perchè ero in uno stato pietoso, e invece piangeva pure lei. Favoloso, la festa del mascara colante. Eppure è andata. COme questi anni, eppure è finita.
Ora devo guardare oltre, andare avanti.
Il futuro.
Il biglietto aereo.
Le valigie semi vuote e semi piene.
Il caos imperante.
Un appartamento dove non si possono aprire le finestre.
Tutto è già qui.
E mi sono alzata, vestita e preparata come ogni giorno.
E ora sto seduta qui e penso a che cazzo fare.
Dovrei prepare le valigie. Ho una prenotazione aerea che non ho voglia di rispettare e mi resta poco tempo, pochi giorni.
Ieri la festa c'è stata davvero, hanno portato quelle orribili torte americane rivestite di burro colorato di colori pazzeschi, eppure l'ho mangiata, eppure era buona. Mi hanno regalato un mega collage fatto da tante foto mie e delle mie colleghe, scattate in questi anni. Non vi dico. HO pianto talmente tanto che non riuscivo più a respirare.mi sono chiusa in bagno e Ash è dovuta venire a soccorrermi perchè ero in uno stato pietoso, e invece piangeva pure lei. Favoloso, la festa del mascara colante. Eppure è andata. COme questi anni, eppure è finita.
Ora devo guardare oltre, andare avanti.
Il futuro.
Il biglietto aereo.
Le valigie semi vuote e semi piene.
Il caos imperante.
Un appartamento dove non si possono aprire le finestre.
Tutto è già qui.
martedì 30 novembre 2010
Heart
Oggi è l'ultimo giorni di ufficio.
Ho già capito che mi faranno una specie di festa d'addio.
Tremo. Perchè non so poi a chi importa, ma piangerò.
Ho già capito che mi faranno una specie di festa d'addio.
Tremo. Perchè non so poi a chi importa, ma piangerò.
lunedì 29 novembre 2010
Ho trovato una marea di foto. Devo postarle prima o poi...
Sono stati giorni strani..giorni pieni, giorni vuoti... giorni in cui ho dovuto diverdere il mio spazio, quello che ho di più caro, il silenzio, le candele, l'incenso i libri e il divano... quello che sto per perdere..
Lui è stato qui, c'era roba sua dovunque e io impazzivo, mi sentivo violata, oppressa, e vivevo ogni cosa, ogni parola con un'angoscia indefinita che mi schiacciava la gola e sibilando mi toglieva il respiro. LaVale c'è ma non c'è, pure lei mi ha invaso la casa e si sta sistemando con un tatto che mi ha sorpreso. Mi aspettavo la sua solita irruenza e invece.. credo che il mio dolore ormai sia palpabile, concreto. E che se ne siano accorti entrambi.
Il Thanksgivings è stato stupendo, come sempre, da Ash e dalle sue sorelle, mi sentivo perfettamente a casa, in famiglia, e questa è una sensazione che mi ha scaldato il cuore. Eppure non riuscivo a non pensare che sarebbe stato il mio ultimo Thanksgivings texano. Il futuro mi terrorizza, inutile girare intorno con miriadi di parole. New York mi terrorizza, l'appartamento dove andrò, senza nemmeno poter aprire le finestre per far entrare l'aria fresca della sera mi fa venire da piangere, e Spen... Spen semplicemnte mi angoscia. Ho passato giorni interi a cercare di evitarlo. Sono uscita al Black Friday, quando avevo sonno, volevo dormire e godermi il caldo buono delle coperte, ma sono uscita. Solo perchè non volevo restare sola con lui. La sua felictà, la gioia che gli traspare negli occhi come un bambino che ha ottenuto il suo regalo di natale sotto l'albero...Eppure, ci cado sempre.Eppure lo cerco, e quando lui è nel mio letto, dormo. Ed è un miracolo, non passare le notti intere a fissare la scveglia, i numeri rossi che scattano, con una lentezza devastante. In un certo modo, mi fa bene. Sigmund Freud diceva "far del male per far del bene"... ma devo tenere a mente che si riferiva alla chirurgia... Ho dei moti di rabbia, ma per lo più, cerco la solitudine. Sempre. E so che è una parte connaturata di me, ma so anche che i giorni del divano e dei libri e del silenzio sono finiti: inizia l'era della condivisione. Vado a vi vere con uomo che, lo so, mi chiamerà Eleonora tutto il tempo. E io lo devo accettare. Mi devo darwinianamente evolvere, o finirò estinta. Ma non so da dove cominciare.
Evviva i T-rex.
Lui è stato qui, c'era roba sua dovunque e io impazzivo, mi sentivo violata, oppressa, e vivevo ogni cosa, ogni parola con un'angoscia indefinita che mi schiacciava la gola e sibilando mi toglieva il respiro. LaVale c'è ma non c'è, pure lei mi ha invaso la casa e si sta sistemando con un tatto che mi ha sorpreso. Mi aspettavo la sua solita irruenza e invece.. credo che il mio dolore ormai sia palpabile, concreto. E che se ne siano accorti entrambi.
Il Thanksgivings è stato stupendo, come sempre, da Ash e dalle sue sorelle, mi sentivo perfettamente a casa, in famiglia, e questa è una sensazione che mi ha scaldato il cuore. Eppure non riuscivo a non pensare che sarebbe stato il mio ultimo Thanksgivings texano. Il futuro mi terrorizza, inutile girare intorno con miriadi di parole. New York mi terrorizza, l'appartamento dove andrò, senza nemmeno poter aprire le finestre per far entrare l'aria fresca della sera mi fa venire da piangere, e Spen... Spen semplicemnte mi angoscia. Ho passato giorni interi a cercare di evitarlo. Sono uscita al Black Friday, quando avevo sonno, volevo dormire e godermi il caldo buono delle coperte, ma sono uscita. Solo perchè non volevo restare sola con lui. La sua felictà, la gioia che gli traspare negli occhi come un bambino che ha ottenuto il suo regalo di natale sotto l'albero...Eppure, ci cado sempre.Eppure lo cerco, e quando lui è nel mio letto, dormo. Ed è un miracolo, non passare le notti intere a fissare la scveglia, i numeri rossi che scattano, con una lentezza devastante. In un certo modo, mi fa bene. Sigmund Freud diceva "far del male per far del bene"... ma devo tenere a mente che si riferiva alla chirurgia... Ho dei moti di rabbia, ma per lo più, cerco la solitudine. Sempre. E so che è una parte connaturata di me, ma so anche che i giorni del divano e dei libri e del silenzio sono finiti: inizia l'era della condivisione. Vado a vi vere con uomo che, lo so, mi chiamerà Eleonora tutto il tempo. E io lo devo accettare. Mi devo darwinianamente evolvere, o finirò estinta. Ma non so da dove cominciare.
Evviva i T-rex.
The Final Countdown
amore mio non contiamo i giorni... perche' sta arrivando l'ora di quando 'amore mio' sara' un morso sulla lingua... involontario... e le tue mani calde sulla mia giacca marrone non rispenderanno piu' di gialla uva in una natura morta... saranno i pezzi che non sapremo ricomporre di un dipinto futurista... in un futuro che ci disperde... dove tutto e' il contrario di tutto e per toccarsi dovremo metterci di spalle e contare i passi da menoinfinito a piu'infinito... amore mio non tapparti le orecchie a questo silenzio... che ancora riesce a tagliare un rumore lungo e bianco tra le orecchie... ancora tende la nostra pelle e la fa sensibile, di vento freddo... provo a toccarti e mi brucio e nel lampo che mi respinge indietro amo... amore mio, ora, se ti avvicini e fai piccola la distanza tra questi due equilibri instabili... si potra' anche cadere ma non lontanto dal centro di te e di me... di te e di me che contiamo i giorni dell'uva opaca e ragioniamo di scintille e rumori e geometrie... e impazziamo all'idea che dappertutto si giri lo sguardo non si riesca a trovare un 'dappertutto'... le cose ci assomigliano e forse e' folle... folle avere paura ora che abbiamo cio' che rimpiangeremo... quando i colori torneranno al loro posto... la strada avra' i rumori di una strada e anche a cerchiarci col compasso non avra' senso cercarci addosso un centro... e io saro' sempre quella che riempira' la casa di bigliettini con su scritto 'trovami' mentre tu sarai cieco.
Black Friday
giovedì 25 novembre 2010
Today
Oggi è Thanksgiving. Mi piace questa festa, la adoro, la sento mia sopra molte altre: il giorno in cui, semplicemente, rendiamo grazie. Per quello che abbiamo, che è tantissimo anche quando ci sembra poco. Questo ho imparato, strada facendo: la gratitudine. Del Thanksgiving mi piace questo, e poi la "pumpkin pie": la speziatissima e golosa torta di zucca che ho assaggiato per la prima volta nel mio primo Thanksgiving americano, cinque... Gesù! Si, cinque anni fa. Da vera golosa sono grata per tutte le dolcezze della vita, anche sotto forma di torta.
mercoledì 24 novembre 2010
Il mio cuore.
della notte e delle luci piccole della citta'... delle parole che dovro' inventarmi... della notte e di questo novembre troppo lento, dei giorni lunghi dalla spalla al piede opposto.. che ti misuri dentro e fa un po' caldo e un po' freddo, e c'e' sempre qualcosa da aspettare mentre il tempo si fa sangue... buonaserata attrice.
"Non parla più di lui. Però lo pensa spesso e, anche se con un penoso rancore, ogni giorno ci sono mille occasioni in cui le manca. Le si insinua dentro a tradimento, quel momento di perdita irrevocabile, quel vuoto, una mano crudele che le stritola il cuore con dita di ghiaccio…" (Anita Nair) "L’arte di dimenticare"
E io, che pensavo che tu non mi avresti mai fatto del male.
"Non parla più di lui. Però lo pensa spesso e, anche se con un penoso rancore, ogni giorno ci sono mille occasioni in cui le manca. Le si insinua dentro a tradimento, quel momento di perdita irrevocabile, quel vuoto, una mano crudele che le stritola il cuore con dita di ghiaccio…" (Anita Nair) "L’arte di dimenticare"
E io, che pensavo che tu non mi avresti mai fatto del male.
martedì 23 novembre 2010
Alla ricerca del Tacchino perduto
quella sera guardavamo il cielo diventare qualcos'altro e confondersi col riflesso della finestra. non c'erano rumori o musiche o respiri, c'era un colore arancione e una trapunta che si arrotolava sui discorsi taciuti.. si aggrovigliava su quella idea fissa e non riuscivamo a coprirci e a riscaldarci.. ti sei alzato e hai aperto un'anta dell'armadio.. nello specchio ti guardavo gli occhi e mi sembrava di spiarti solo perchè eri di spalle... eppure ci stavamo fissando... arancioni e silenziosi e il tuo pigiama rosso era tenero... e lo erano i tuoi calzini di lana a righe e i capelli arruffati di chi ha smesso di preoccuparsi... di chi non ha interesse a rimanere… chiudesti l'anta dell'armadio e con lei i colori della stanza... non ricordo nulla di te che non sia un film in bianco e nero...
c'era ancora quel buco sul sedile.. di quando mentre mi spingevi ti cadde la sigaretta e per ritrovarla dovemmo seguire l'odore di bruciato... e bruciava tutto in uno spreco colossale... bruciava la mia testa mentre la tua era calata a misurare il danno e l'odore della tua pelle si arrampicava sui pensieri che non dovevo più avere... e mentre impazzivo fra tabacco, fumo e ricordi presenti muschiati e i balsami che non servivano più a placare i dolori... mentre tutto intorno si addensava e pizzicava il naso… tu scendesti dalla macchina e io affondai nella cenere… e chi può dire se ci sia un’altra vita oppure no...
... e mi sarei appoggiata nelle pieghe della pelle... nei tuoi luoghi morbidi… nelle tue gambe di pensieri intrecciati in bilico sulla poltrona... mentre con la mano accarezzavi il bracciolo e con lo sguardo toccavi le parole e le affilavi in una ragione inattaccabile e me la lanciavi contro... non so quante volte mi hai centrato ma qualcosa di inevitabile cominciava a colarmi dagli occhi e le mie mani bagnate non le avresti più baciate… non ti saresti più rinchiuso al caldo e io non avrei mai più accostato i miei fianchi ai tuoi per sentire la mia carne liquefarsi e disperdersi nel letto... saresti stata d'ora in poi una scheggia ghiacciata a viaggiare sottopelle... già rabbrividivo e tu diventavi isoscele... duro... e bucavi la poltrona…
fermo, immobile, pieno e invitante continuavi a fissare il pavimento... non c'era un modo di sospendere il momento... tutto sarebbe marcito e ammuffito e ciò che avrei disperatamente masticato e metabolizzato e fatto mio sarebbe diventato un amalgama dal gusto scuro che brucia la gola... i miei caffé dalle tue mani e le mie sigarette sui pomeriggi ad assaggiare le tue assenze e i tuoi ritorni... non avrebbero avuto lo stesso sapore... tu non lievitavi più sorrisi e io bloccavo un nodo spinato in gola... dovrò nutrirmi da sola...
la seta grigia del silenzio frusciava nell'aria... un sibilo rapido mi trapassò la testa... dov'era la tua musica? sulle scale adesso... in dissolvenza rapida... ti ascoltavo in un eco e mi rimbombi ancora fra le costole…
senza senso…
vuole vederci purezza e nobilta' e non si accorge di quanto potrei farmi male cadendo da un'illusione vertiginosa su cui non voglio stare. mi piaccio perche' tu sei l'amore sei di carne e di terra, non come tutti gli altri ... non capisce che lo raccolgo da terra e lo amo mentre cade sempre piu' in basso... io sono una perdente... quella con le lenti a contatto viola, di colori scuri, e di gesti misurati che scandiscono un tempo molle...
negli occhi degli altri e per gli occhi degli altri... fuori dal riverbero di questi specchi al sole tutto cade cenere a terra o impazzisce pulviscolo nell'aria... ma quale a terra? e quale aria? e a chi spiegarlo se non tornando negli occhi degli altri? perche' spiegarlo poi... io spengo la luce.
c'era ancora quel buco sul sedile.. di quando mentre mi spingevi ti cadde la sigaretta e per ritrovarla dovemmo seguire l'odore di bruciato... e bruciava tutto in uno spreco colossale... bruciava la mia testa mentre la tua era calata a misurare il danno e l'odore della tua pelle si arrampicava sui pensieri che non dovevo più avere... e mentre impazzivo fra tabacco, fumo e ricordi presenti muschiati e i balsami che non servivano più a placare i dolori... mentre tutto intorno si addensava e pizzicava il naso… tu scendesti dalla macchina e io affondai nella cenere… e chi può dire se ci sia un’altra vita oppure no...
... e mi sarei appoggiata nelle pieghe della pelle... nei tuoi luoghi morbidi… nelle tue gambe di pensieri intrecciati in bilico sulla poltrona... mentre con la mano accarezzavi il bracciolo e con lo sguardo toccavi le parole e le affilavi in una ragione inattaccabile e me la lanciavi contro... non so quante volte mi hai centrato ma qualcosa di inevitabile cominciava a colarmi dagli occhi e le mie mani bagnate non le avresti più baciate… non ti saresti più rinchiuso al caldo e io non avrei mai più accostato i miei fianchi ai tuoi per sentire la mia carne liquefarsi e disperdersi nel letto... saresti stata d'ora in poi una scheggia ghiacciata a viaggiare sottopelle... già rabbrividivo e tu diventavi isoscele... duro... e bucavi la poltrona…
fermo, immobile, pieno e invitante continuavi a fissare il pavimento... non c'era un modo di sospendere il momento... tutto sarebbe marcito e ammuffito e ciò che avrei disperatamente masticato e metabolizzato e fatto mio sarebbe diventato un amalgama dal gusto scuro che brucia la gola... i miei caffé dalle tue mani e le mie sigarette sui pomeriggi ad assaggiare le tue assenze e i tuoi ritorni... non avrebbero avuto lo stesso sapore... tu non lievitavi più sorrisi e io bloccavo un nodo spinato in gola... dovrò nutrirmi da sola...
la seta grigia del silenzio frusciava nell'aria... un sibilo rapido mi trapassò la testa... dov'era la tua musica? sulle scale adesso... in dissolvenza rapida... ti ascoltavo in un eco e mi rimbombi ancora fra le costole…
senza senso…
vuole vederci purezza e nobilta' e non si accorge di quanto potrei farmi male cadendo da un'illusione vertiginosa su cui non voglio stare. mi piaccio perche' tu sei l'amore sei di carne e di terra, non come tutti gli altri ... non capisce che lo raccolgo da terra e lo amo mentre cade sempre piu' in basso... io sono una perdente... quella con le lenti a contatto viola, di colori scuri, e di gesti misurati che scandiscono un tempo molle...
negli occhi degli altri e per gli occhi degli altri... fuori dal riverbero di questi specchi al sole tutto cade cenere a terra o impazzisce pulviscolo nell'aria... ma quale a terra? e quale aria? e a chi spiegarlo se non tornando negli occhi degli altri? perche' spiegarlo poi... io spengo la luce.
lunedì 22 novembre 2010
niente corde e cordoni. un passo in aria e un altro pure in aria. tanto non cado.
poi ti decidi ad alzarti e il tempo e' anche di sole e caffe' tiepido, il tempo e' anche in movimento e i colori sembrano non ristagnare... hai dormito quello che restava della notte e un po' del giorno, hai dormito sognando strani uomini che ingurgitavano bucatini galleggianti in ragu' e parmigiano... hai una strana fame, potresti mangiare galbanino e nutella. non ti piaci. ti fanno male tutti i denti come se avessi tirato un aratro con le mascelle e hai il trucco sbavato. quando e' che diventa tutto incerto non si puo' dire. benvenuta mattina, sera, notte... benvenuto mortaio che schiacci tutto mischiando i colori. rinnegata e' il nome che ti danno i tuoi occhi un po' neri un po' chiusi... sei troppo severa con te stessa, sei poco severa con te stessa. quand'e' che diventa tutto incerto... non si puo' dire. sono i giorni in cui si rischia tutto senza saperlo, senza preghiere... senza piangere per tutte quelle belle e poetiche foglie autunnali sul marciapiede... sono giorni in cui non si sa piu' piangere ma ci si sente come se si piangesse incessantemente da giorni. le lacrime fanno gli occhi belli e qui c'e' solo trucco sbavato. sei troppo severa con te stessa, sei troppo indulgente con te stessa... regalati una stella cadente sulla fronte. ma e' tutto incerto e non si puo' dire com'e' che sia diventato cosi'. inverno piromane alle porte.
sabato 20 novembre 2010
venerdì 19 novembre 2010
Senza Titolo
ci sono dei fogli sparsi e il pensiero di quella strada buia con gli alberi neri sul tramonto violaceo... poi il silenzio e i miei occhi truccati nello specchio... e i miei occhi struccati davanti allo specchio... c'e' una cesta intera di panni sporchi e dei completi gia' abbinati nell'armadio... e il letto e' sempre coperto di oggetti, maglioni, borse.. a volte ci dormo ranicchiata.. altre vestita... ci sono dei punti pieni di polvere... quelli sono i punti fermi, in quelli mi riconosco, l'asciugamano sul termosifone... la foto di me piccolina in una cornice d’argento... la lampada a uovo anni settanta... sono le cose che non si muovono che mi ricordano dove mettere i piedi... e se mi ricordo li metto a terra... mentre qualcosa mi chiama ancora allo specchio, agli zigomi a cui appartengo, alle labbra spesso incurvate verso il basso e ai colori chiari che mi sbiadiscono i contorni... con i piedi a terra cammino fino al punto in cui mi vedo... sorrido, ho dimenticato gli occhi nella strada buia, nel tramonto delle 5 e 30... certe volte vorrei poter non appartenere a niente...
giovedì 18 novembre 2010
mercoledì 17 novembre 2010
On Air: That Day, Natalie Imbruglia
Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando.
Silenzio
- Che sia troppo tardi, madame ...
uno si fa dei sogni,roba sua,intima,e poi la vita non ci sta a giocarci insieme,e te li smonta,un attimo, una frase e tutto si disfa. Succede. Mica per altro che vivere è un mestiere gramo.Tocca rassegnarsi. Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire. Gratitudine.
Poi non è che la vita vada come tu te la immagini.
Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada.
Così... Io non è che volevo essere felice, questo no.
Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi.
Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente:
il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No.
Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera.
Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito.
Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile:
e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.
E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare,
più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.
Non si ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare.
Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male
che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.
A.Baricco, "OceanoMare"
Silenzio
- Che sia troppo tardi, madame ...
uno si fa dei sogni,roba sua,intima,e poi la vita non ci sta a giocarci insieme,e te li smonta,un attimo, una frase e tutto si disfa. Succede. Mica per altro che vivere è un mestiere gramo.Tocca rassegnarsi. Non ha gratitudine, la vita, se capite cosa voglio dire. Gratitudine.
Poi non è che la vita vada come tu te la immagini.
Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada.
Così... Io non è che volevo essere felice, questo no.
Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi.
Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente:
il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No.
Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera.
Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito.
Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile:
e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.
E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare,
più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.
Non si ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare.
Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male
che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.
A.Baricco, "OceanoMare"
Vado
Oggi è il compleanno di Spencer.
Ci sentiremo fra un'oretta al telefono, io sarò già in ufficio.
Stanotte non ho nemmeno dormito, sono incasinata. Al lavoro devo sistemare le ultime cose, i miei soliti strascichi, qui sto cercando di mettere via gli ultimi anni della mia vita in qualche scatolone, e lasciare un aspetto decente per la Vale che arriva. In più domenica sarà il nostro anniversario. E arriva anche il Thanksgiving.
La Vale sarà qui per quella data, e lo passeremo insieme da Ash, l'ultimo Ringraziamento texano... e poi sarò una yankee.
Tra un'oretta lui mi chiamerà come ogni mattina, io prenderò il telefono fra il caos della scrivania e gli farò gli auguri, e lui sorriderà mentre si incammina a piedi al lavoro. Mi dirà che venerd' o forse domani chissà, sarà qui.
E io non gli ho preso ancora niente. Nemmeno so cosa prendergli. COsa comprare a uno che ha tutto? Neppure ho testa per questo. E c'è anche l'anniversario. Vuoto totale.
Forse andrò in centro ed entrerò in una di quelle profumerie grandi come un'esselunga italiana e sceglierò un profumo; lo immaginerò sulla sua pelle mentre staremo sdraiati abbracciati, mentre respirerò quel profumo pernsando ai suoi occhi, al suo sorriso buono, al caldo del camino che mi scioglie le ossa.
Forse farò così. FOrse non prenderò nulla e mi mostrerò inerme. Forse mi porrò solo come altera e distante, e mi scuserò distrattamente. Ancora non lo so.
Nel frattempo sto pensando di chiudere il blog.
Insomma guardiamo in faccia le cose, chiamiamolo con il loro nome.
Non sprizzo allegria.
Ho pochi commenti.
Non trovo particolare gioia.
Credo prorpio dovrei farlo.
ancora non so nemmeno questo.
Ci sentiremo fra un'oretta al telefono, io sarò già in ufficio.
Stanotte non ho nemmeno dormito, sono incasinata. Al lavoro devo sistemare le ultime cose, i miei soliti strascichi, qui sto cercando di mettere via gli ultimi anni della mia vita in qualche scatolone, e lasciare un aspetto decente per la Vale che arriva. In più domenica sarà il nostro anniversario. E arriva anche il Thanksgiving.
La Vale sarà qui per quella data, e lo passeremo insieme da Ash, l'ultimo Ringraziamento texano... e poi sarò una yankee.
Tra un'oretta lui mi chiamerà come ogni mattina, io prenderò il telefono fra il caos della scrivania e gli farò gli auguri, e lui sorriderà mentre si incammina a piedi al lavoro. Mi dirà che venerd' o forse domani chissà, sarà qui.
E io non gli ho preso ancora niente. Nemmeno so cosa prendergli. COsa comprare a uno che ha tutto? Neppure ho testa per questo. E c'è anche l'anniversario. Vuoto totale.
Forse andrò in centro ed entrerò in una di quelle profumerie grandi come un'esselunga italiana e sceglierò un profumo; lo immaginerò sulla sua pelle mentre staremo sdraiati abbracciati, mentre respirerò quel profumo pernsando ai suoi occhi, al suo sorriso buono, al caldo del camino che mi scioglie le ossa.
Forse farò così. FOrse non prenderò nulla e mi mostrerò inerme. Forse mi porrò solo come altera e distante, e mi scuserò distrattamente. Ancora non lo so.
Nel frattempo sto pensando di chiudere il blog.
Insomma guardiamo in faccia le cose, chiamiamolo con il loro nome.
Non sprizzo allegria.
Ho pochi commenti.
Non trovo particolare gioia.
Credo prorpio dovrei farlo.
ancora non so nemmeno questo.
lunedì 15 novembre 2010
A volte, anche se non vorresti, il mondo é una persona, una sola.
Voglio tornare nel cerchio
della tua attenzione,
mi rendeva viva.
Ma penso qualsiasi cosa faccia
non ci posso tornare.
quando trovi qualcuno, qualcuno che prima non sapevi che esistesse, ecco che è peggio.........
se tu lo avessi sempre conosciuto, avresti dato per scontato che un giorno lo avresti perso,
invece così vorresti dire: fermate il tempo non ho avuto il tempo per conoscerti davvero; sento la tua nostalgia e sento come se mi avessero piantato un pugnale dentro, questione di un attimo , mi manca quasi il respiro, mi succede mentre cammino, mentre faccio la spesa, mentre il cielo si oscura e sta per piovere, mi succede mentre faccio una cosa in ufficio mentre sbadatamente sorrido a qualcuno che incrocio, sento la nostalgia di te ed é lancinante,é come se mi si bloccasse la vita dentro, paralizzata per un attimo, e poi riprendo a vivere con la paura che quel momento mi torni addosso di nuovo, e vorrei poter tornare indietro, a quell'estate, a dirti non mi lasciare, quando non mi hai mai trovata veramente.
("……mi sento priva di quell'energia che vedo negli altri. Allora li invidio. Li invidio per essere altro da me. Io riesco solo a produrre parole che s'accordano in versi e trasudo poesia. Sono solo li', oramai. La mia solitaria, irriverente, fatale eruzione sgorga nella gabbia vitrea, lucida come maiolica, entro cui me ne sto rinchiusa dall'infanzia").
Sylvia Plath
sono a casa mia e misuro la distanza fra il letto e la scrivania... lo faccio di continuo e mi fisso le lacrime allo specchio... compiaciuta, come chi crede di stare soffrendo per una giusta causa... passano i macigni tra le lancette e se fossi abbastanza visionaria e avessi la forza di affacciarmi alla finestra potrei vedere gli alberi fiorire e sfiorire dalla sera alla mattina... invece intorpidisco il corpo in una tuta nera e latito ad ogni sensazione esteriore... ogni cosa e' dolorosa e sento ogni convinzione vacillare... se anche soltanto fisso troppo a lungo un oggetto a caso, la convinzione vacilla... provo a forzarla... a cercare i motivi... a ricordare la nuvola di fumo che spazza via i ricordi... ma la nuvola di fumo che spazza via i ricordi non e' stata chiamata casualmente in questo modo... e mi si stringe il cuore, e anche quest'immagine cosi' banale del cuore che si stringe non mi sembra piu' cosi' banale perche' dentro ci sono spasmi continui... faccio appello a tutta me stessa... mi richiamo dai luoghi piu' lontani in cui mi sento dispersa... devo, devo essere tutta intera e dimenticare... ma lo sforzo di dimenticare aiuta la memoria a visualizzare cio' che vorrei si perdesse nell'oblio... mi dico che sono caduta anche piu' in basso e sono sempre sopravvissuta... mi appello all'idea della mia forza passiva infinita... mi immagino come il tappeto su cui tutti puliscono le scarpe e che non si consuma mai... alla fine cado... insieme alle foglie che non ho voluto guardare andar giu' da quei fantomatici alberi... inciampo nell'idea del male minore... mi accascio sul presente non progettuale... desidero, desidero troppo... non esiste piu' nulla se non il mio desiderio infinito....
sono qui che scrivo di cose che non hanno senso... e nel caos espositivo capisco il mio stato totalmente confusionario... ora che fuori tutto ha ripreso un aspetto invernale consono anche all'orario in cui mi affaccio al balcone... ora che in parte il desiderio non risente piu' dell'urgenza della mancanza.. ora che il mio ego e' stato lenito, accarezzato, cullato dalla mia cedevolezza... ora mi posso permettere una minima riflessione piu' pacata... dispongo lentamente le domande tra la gola e labbra e faccio in modo che rispettino il turno piu' giusto... quello che non offende il presente... preche' ho scelto questa situazione?... che gratificazione ultima cerco di raggiungere?... quanto poco resiste la difesa della mia dignita'?... ma poi cosa cerco da un cane randagio?... perche' ogni volta che mi avvicino ad un buco nero sento la necessita' di metterci la testa dentro?... quale futuro mi aspetta? l'ultima domanda oltraggia troppo il presente... ho bisogno di una sigaretta, di chiedere perdono al mio corpo per il dolore inutile di ieri... di chiedere perdono al mio corpo per il dolore che sto costruendo per il domani... di chiedere perdono al mio corpo per il dolore...di qualsiasi natura... in qualsiasi momento inopportuno egli sia arrivato a doverlo subire... perdono per non permettere al mio corpo di tremare diversamente per il troppo terrore e per la troppa bellezza... per la confusione di chi non sa rassegnarsi ad un giorno mite di 20 gradi.
della tua attenzione,
mi rendeva viva.
Ma penso qualsiasi cosa faccia
non ci posso tornare.
quando trovi qualcuno, qualcuno che prima non sapevi che esistesse, ecco che è peggio.........
se tu lo avessi sempre conosciuto, avresti dato per scontato che un giorno lo avresti perso,
invece così vorresti dire: fermate il tempo non ho avuto il tempo per conoscerti davvero; sento la tua nostalgia e sento come se mi avessero piantato un pugnale dentro, questione di un attimo , mi manca quasi il respiro, mi succede mentre cammino, mentre faccio la spesa, mentre il cielo si oscura e sta per piovere, mi succede mentre faccio una cosa in ufficio mentre sbadatamente sorrido a qualcuno che incrocio, sento la nostalgia di te ed é lancinante,é come se mi si bloccasse la vita dentro, paralizzata per un attimo, e poi riprendo a vivere con la paura che quel momento mi torni addosso di nuovo, e vorrei poter tornare indietro, a quell'estate, a dirti non mi lasciare, quando non mi hai mai trovata veramente.
("……mi sento priva di quell'energia che vedo negli altri. Allora li invidio. Li invidio per essere altro da me. Io riesco solo a produrre parole che s'accordano in versi e trasudo poesia. Sono solo li', oramai. La mia solitaria, irriverente, fatale eruzione sgorga nella gabbia vitrea, lucida come maiolica, entro cui me ne sto rinchiusa dall'infanzia").
Sylvia Plath
sono a casa mia e misuro la distanza fra il letto e la scrivania... lo faccio di continuo e mi fisso le lacrime allo specchio... compiaciuta, come chi crede di stare soffrendo per una giusta causa... passano i macigni tra le lancette e se fossi abbastanza visionaria e avessi la forza di affacciarmi alla finestra potrei vedere gli alberi fiorire e sfiorire dalla sera alla mattina... invece intorpidisco il corpo in una tuta nera e latito ad ogni sensazione esteriore... ogni cosa e' dolorosa e sento ogni convinzione vacillare... se anche soltanto fisso troppo a lungo un oggetto a caso, la convinzione vacilla... provo a forzarla... a cercare i motivi... a ricordare la nuvola di fumo che spazza via i ricordi... ma la nuvola di fumo che spazza via i ricordi non e' stata chiamata casualmente in questo modo... e mi si stringe il cuore, e anche quest'immagine cosi' banale del cuore che si stringe non mi sembra piu' cosi' banale perche' dentro ci sono spasmi continui... faccio appello a tutta me stessa... mi richiamo dai luoghi piu' lontani in cui mi sento dispersa... devo, devo essere tutta intera e dimenticare... ma lo sforzo di dimenticare aiuta la memoria a visualizzare cio' che vorrei si perdesse nell'oblio... mi dico che sono caduta anche piu' in basso e sono sempre sopravvissuta... mi appello all'idea della mia forza passiva infinita... mi immagino come il tappeto su cui tutti puliscono le scarpe e che non si consuma mai... alla fine cado... insieme alle foglie che non ho voluto guardare andar giu' da quei fantomatici alberi... inciampo nell'idea del male minore... mi accascio sul presente non progettuale... desidero, desidero troppo... non esiste piu' nulla se non il mio desiderio infinito....
sono qui che scrivo di cose che non hanno senso... e nel caos espositivo capisco il mio stato totalmente confusionario... ora che fuori tutto ha ripreso un aspetto invernale consono anche all'orario in cui mi affaccio al balcone... ora che in parte il desiderio non risente piu' dell'urgenza della mancanza.. ora che il mio ego e' stato lenito, accarezzato, cullato dalla mia cedevolezza... ora mi posso permettere una minima riflessione piu' pacata... dispongo lentamente le domande tra la gola e labbra e faccio in modo che rispettino il turno piu' giusto... quello che non offende il presente... preche' ho scelto questa situazione?... che gratificazione ultima cerco di raggiungere?... quanto poco resiste la difesa della mia dignita'?... ma poi cosa cerco da un cane randagio?... perche' ogni volta che mi avvicino ad un buco nero sento la necessita' di metterci la testa dentro?... quale futuro mi aspetta? l'ultima domanda oltraggia troppo il presente... ho bisogno di una sigaretta, di chiedere perdono al mio corpo per il dolore inutile di ieri... di chiedere perdono al mio corpo per il dolore che sto costruendo per il domani... di chiedere perdono al mio corpo per il dolore...di qualsiasi natura... in qualsiasi momento inopportuno egli sia arrivato a doverlo subire... perdono per non permettere al mio corpo di tremare diversamente per il troppo terrore e per la troppa bellezza... per la confusione di chi non sa rassegnarsi ad un giorno mite di 20 gradi.
venerdì 12 novembre 2010
To tell
So che devo una spiegazione al post di prima. SO che sono parole grosse e esagerate, ma ho avuto un grosso momento di sconforto.
Ieri, nella mia pausa pranzo nella Central Library, mentre facevo una cosa per rilassarmi, per farmi del bene insomma, mi è capitata una cosa che davvero non avrei mai potuto immaginare. In pratica mentre me ne stavo per conto mio a leggere arriva una donna e chiede informazioni su un testo all'impiegata, proprio accanto al mio tavolo. Uno sguardo lo butto là. E poi non riesco più a non guardare.
Sono certa, sono sicura. E' lei. E' la moglie dell'uomo dei silenzi.
(l'avevo vista in una foto nel portafogli di lui)
Lo so che avrei dovuto semplicemnte andare via. Ignorare. Dimenticare.
Ma non lo so cosa è scattato nel mio cervello.
Mi avvicino a mia volta all'impiegata con un foglietto accartocciato.
Faccio finta. Chiedo lo stesso testo che aveva chiesto lei.
Ce ne è una copia sola.
Ma se la signora è d'accordo lo potete consultare insieme.
Lei mi fa un mega sorriso.
Ha una bellissima bocca, denti dritti e bianchi, occhi azzurri come i cieli del Texas. Mi gira la testa.
Mi siedo accanto a lei. Sento il suo respiro, l'odore dolce del suo fiato, il suo profumo come mele mature. Penso che è lo stesso odore che sente lui.
Lei non mi conosce.
Faccio finta di guardare il libro, un testo sull'allevamento degli stalloni o roba simile, nemmeno me ne importa.
Le guardo le mani. SOno mani di una che lavora, nonostante ci sia un tentativo di tenerle curate. Non come le mie, con lo smalto viola e la manicure.
Lei se ne accorge.
"Guarda l'anello?" mi chiede.
Sorrido. come un'ebete, come una ragazzina ritardata.
Ha un bell'anello. classico.
Poi capisco. Cazzo. E' un fidanzamento. E' quello che volevo io e non l'ho mai ricevuto. L'ha dato a lei.
E me lo conferma.
Me lo ha regalato mio marito. Mio marito. Poteva essere mio marito.
Oh. Non mi esce altro suono.
Abbiamo un ranch. dice. A San Antonio non qui. Lei c'è mai stata? Io no.
E' molto bello sa.
Perchè è a Dallas? chiedo.
Lei cambia sguarda.
Well, è una storia... personale.
Mi scusi.
No, no. Si vede che lei è una brava persona mi dice.
No non lo sono vorrei dirle.
Io e mio marito abbiamo avuto qualche problema. niente di che sa, ma alla fine ci siamo separati. lui lavora a qui in città, un pò fuori a dire il vero, e aveva preso casa qui. Ma ora si è risolto tutto, e sono venuta ad aiutarlo a liberare l'appartamento.
Siete tornati insieme? chiedo
Oh si! E si illumina tutta. TI odio. Dio quanto ti odio.
Si, vedi, posso darti del tu? Vedi, lui ha avuto come dire, una storiella mentre era qui, una cosa da nulla, con una ragazza più giovane. Me lo ha detto lui ma io lo sapevo.
Lo sapevi?
Si, quando veniva da noi al ranch intendo, nei week end, spegneva sempre il telefono, e come lo accendeva riceveva decine di messaggi. Una moglie certe cose le capisce.
..... Il dolore provato non si può scrivere. Ora ne sono certa.
E lui...
Si si lui me lo ha detto. Ma mi ha giurato che per lui non è stato niente, niente. capisci? Insomma, noi abbiamo un figlio, un bambino bellissimo, e ci amiamo. come potevo non perdonarlo? Era solo una ragazzina.
Scusa devo scappare, davvero, grazie per aver guardato il libro con me.
Vienimi a trovare a San Antonio se passi di lì, mi farebbe piacere.
si si.
Non lo so se è accorta che il libro non l'ho nemmeno guardato.
Ho fatto su al volo le mie cose e sono scappata via, di corsa, come un ladro, come un criminale, come una che ruba i mariti.
SOlo una ragazzina. SOlo una storiella.
Solo tante, tante tante lacrime.
Solo la mia incrollabile ingenuità.
Ieri, nella mia pausa pranzo nella Central Library, mentre facevo una cosa per rilassarmi, per farmi del bene insomma, mi è capitata una cosa che davvero non avrei mai potuto immaginare. In pratica mentre me ne stavo per conto mio a leggere arriva una donna e chiede informazioni su un testo all'impiegata, proprio accanto al mio tavolo. Uno sguardo lo butto là. E poi non riesco più a non guardare.
Sono certa, sono sicura. E' lei. E' la moglie dell'uomo dei silenzi.
(l'avevo vista in una foto nel portafogli di lui)
Lo so che avrei dovuto semplicemnte andare via. Ignorare. Dimenticare.
Ma non lo so cosa è scattato nel mio cervello.
Mi avvicino a mia volta all'impiegata con un foglietto accartocciato.
Faccio finta. Chiedo lo stesso testo che aveva chiesto lei.
Ce ne è una copia sola.
Ma se la signora è d'accordo lo potete consultare insieme.
Lei mi fa un mega sorriso.
Ha una bellissima bocca, denti dritti e bianchi, occhi azzurri come i cieli del Texas. Mi gira la testa.
Mi siedo accanto a lei. Sento il suo respiro, l'odore dolce del suo fiato, il suo profumo come mele mature. Penso che è lo stesso odore che sente lui.
Lei non mi conosce.
Faccio finta di guardare il libro, un testo sull'allevamento degli stalloni o roba simile, nemmeno me ne importa.
Le guardo le mani. SOno mani di una che lavora, nonostante ci sia un tentativo di tenerle curate. Non come le mie, con lo smalto viola e la manicure.
Lei se ne accorge.
"Guarda l'anello?" mi chiede.
Sorrido. come un'ebete, come una ragazzina ritardata.
Ha un bell'anello. classico.
Poi capisco. Cazzo. E' un fidanzamento. E' quello che volevo io e non l'ho mai ricevuto. L'ha dato a lei.
E me lo conferma.
Me lo ha regalato mio marito. Mio marito. Poteva essere mio marito.
Oh. Non mi esce altro suono.
Abbiamo un ranch. dice. A San Antonio non qui. Lei c'è mai stata? Io no.
E' molto bello sa.
Perchè è a Dallas? chiedo.
Lei cambia sguarda.
Well, è una storia... personale.
Mi scusi.
No, no. Si vede che lei è una brava persona mi dice.
No non lo sono vorrei dirle.
Io e mio marito abbiamo avuto qualche problema. niente di che sa, ma alla fine ci siamo separati. lui lavora a qui in città, un pò fuori a dire il vero, e aveva preso casa qui. Ma ora si è risolto tutto, e sono venuta ad aiutarlo a liberare l'appartamento.
Siete tornati insieme? chiedo
Oh si! E si illumina tutta. TI odio. Dio quanto ti odio.
Si, vedi, posso darti del tu? Vedi, lui ha avuto come dire, una storiella mentre era qui, una cosa da nulla, con una ragazza più giovane. Me lo ha detto lui ma io lo sapevo.
Lo sapevi?
Si, quando veniva da noi al ranch intendo, nei week end, spegneva sempre il telefono, e come lo accendeva riceveva decine di messaggi. Una moglie certe cose le capisce.
..... Il dolore provato non si può scrivere. Ora ne sono certa.
E lui...
Si si lui me lo ha detto. Ma mi ha giurato che per lui non è stato niente, niente. capisci? Insomma, noi abbiamo un figlio, un bambino bellissimo, e ci amiamo. come potevo non perdonarlo? Era solo una ragazzina.
Scusa devo scappare, davvero, grazie per aver guardato il libro con me.
Vienimi a trovare a San Antonio se passi di lì, mi farebbe piacere.
si si.
Non lo so se è accorta che il libro non l'ho nemmeno guardato.
Ho fatto su al volo le mie cose e sono scappata via, di corsa, come un ladro, come un criminale, come una che ruba i mariti.
SOlo una ragazzina. SOlo una storiella.
Solo tante, tante tante lacrime.
Solo la mia incrollabile ingenuità.
giovedì 11 novembre 2010
mmmm
che me ne faccio di un uomo? mi serve piuttosto una relazione gastroscopica. Forse il genere umano non è pronto... potevo fare l'astronauta ed essere felice.
Pausa pranzo in biblioteca.
Ciao.
Pausa pranzo in biblioteca.
Ciao.
mercoledì 10 novembre 2010
Sogno
era una festa e c'erano fasci di legno sottile a bruciare in mezzo alle strade e nei cortili... c'era freddo ma scorreva vino dalle damigiane ai bicchieri di plastica... e le signore con le guance rosse negli scialli riempivano e riempivano il vino fa sangue e o lavoro fa buttare il sangue... e tutti ridevano e ballavano .. se per un attimo provavi a fermarti in mezzo alla strada sembrava che le voci dei passanti andassero a tempo di tamburelli ... allora mi sono seduta su una sedia vicino al fuoco, in un cortile a caso e qualcuno mi ha passato una patata cotta nella cenere... lui mi ha sussurrato all'orecchio cose... di come avremmo meritato un letto per poterci dormire quando il freddo e il vino ci avrebbero devastati... un letto per riempirlo di briciole e fumare fino all'alba... un letto per dormirsi bocca sulla bocca... e io pensavo che anche la sua voce andava a tempo con la musica e le sue parole erano fuori dal tempo piu' dei panini e del vino gratis... fuori dal mio tempo, che seduta pensavo a quanto sono stanca dei letti... che quando ti ci addormenti sei magica... poi al risveglio fa sempre freddo... e il vino e' finito...
martedì 9 novembre 2010
Ho male qui
di fatto e' una bella mattina... c'e' il sole lento di quando fa freddo, che ti viene voglia di stringere il mondo e riscaldarlo... certe sensazioni non si possono spiegare... sono improvvise e sconosciute... d'un tratto t'invade una tenerezza incomprensibile che riappacifica le cose... e se non ti fai domande riesci anche a godere per molti istanti in piu'... e' che non dovrei pensare, che stanotte intorno alle 4, 40 mi ha telefonato ancora... per un po' ho fatto finta di non sentire, poi ho risposto e non ho avuto dubbi... com'e' brutto doversi dare ragione quando ci si vorrebbe sbagliare... diceva fra i denti "amore, amore, amore aiutami"... come se potessi... come se potessi non sentirmi impotente in un letto con le lacrime al rimmel silenziose che sporcano il cuscino... 'ho paura a stare da solo, vorrei che fossi qui a stringermi'... credo di aver detto delle cose... delle cose rassicuranti... che andava tutto bene... che il mondo non sarebbe crollato... credo di aver detto un sacco di bugie senza fargli capire che piangevo... certe volte non so se la forza risieda nella verita' o nella menzogna... se nasce e cresce nella necessita'... e poi questa mattina dai rumori lenti viene a coccolare anche me... che in fondo sono sola perche' sembro forte... sento Juliet al telefono che piange... dico altre bugie... dico che va tutto bene... e il sole fuori e' uno specchio di luce... s'infiltra dentro e mi sorride e mi culla... forse la forza si nutre di un sole interno che compare solo in alcuni momenti... quando mi metterei a pestare a terra i piedi... a ricordare a tutti quanto sono fragile... che per non crollare scrivo cazzate meterologiche e illazioni sulla forza luminosa.... ho fatto tardi, oggi e' gia' qui e non posso piu'...
sono in terapia... imparo a convivere con il presente dilatato e a gioire facendo esplodere i fuochi natalizi gettandoli dalla auto in corsa... per il gusto di farlo... imparo a baciare per il gusto di farlo... a chiedere scusa per il gusto di farlo... le persone come me non dovrebbero mai chiedere scusa... nel mio presente allungato io non sono una persona, sono un'istante senza dolore... chiedere la pace nel mondo... nel mondo interiore di tutti...
sono in terapia... imparo a convivere con il presente dilatato e a gioire facendo esplodere i fuochi natalizi gettandoli dalla auto in corsa... per il gusto di farlo... imparo a baciare per il gusto di farlo... a chiedere scusa per il gusto di farlo... le persone come me non dovrebbero mai chiedere scusa... nel mio presente allungato io non sono una persona, sono un'istante senza dolore... chiedere la pace nel mondo... nel mondo interiore di tutti...
lunedì 8 novembre 2010
Perfezionamenti
Non saper dire addio porta alla perdita di parti molto importanti del corpo, come le braccia o le orecchie. Vorrei essere lontano a volte, come se esistessero luoghi in cui alla mente non arrivano timori di conoscere troppo e di non sapere nulla.
E poi, vorrei rispondere a tutti i vostri commenti in cui vi preoccupate per il fatto che io e Sper siamo in fondo così diversi, così incompatibili.
E' un pezzettino che avevo scritto tempo fa il primo gennaio, dopo un capodanno etilico, di quelli in cui ti prende la botta meditabonda, ma sei troppo in botta per meditare.
L'ultimo dell'anno mi hanno chiesto che cosa avevo imparato dall'anno che se ne andava.
Ognuna di noi ha risposto: qualcuna ha imparato cose brutte, qualcun'altra ad essere più tollerante e che da tutti c'è qualcosa da imparare, qualcun'altra ancora a volersi più bene.
Io ho risposto che ho imparato a decodificare i codici altrui.
Il che significa che ho imparato che esistono altri modi di amare -e non parlo di storie d'amore, non solo almeno- che non coincidono necessariamente con i miei, ma che è amore anche quello.
E' una cosa che mi è costata un'immensa fatica, perchè prima ne soffrivo. Non riuscivo a capire perchè le persone che dicevano di amarmi non si comportassero come io mi aspettavo che facessero, perchè per me il voler bene era una cosa sola, e non ammetteva deviazioni.
Invece, ho imparato che non è così.
Ho imparato che l'amore è multicolore, e ognuno lo dipinge col colore che preferisce.
Le aspettative però ci sono, ed è giusto che ci siano.
La domanda che mi pongo per questo 2006 -e questa domanda si rivolge invece più che altro alle storie d'amore- è questa: dov'è il limite tra l'accettazione della diversità e l'accontentarsi delle briciole?
Dov'è il limite tra la comprensione dell'altro e un inaccettabile compromesso?
Mi chiedo quanti altri ultimi dell'anno dovrò passare prima che io lo capisca
E poi, vorrei rispondere a tutti i vostri commenti in cui vi preoccupate per il fatto che io e Sper siamo in fondo così diversi, così incompatibili.
E' un pezzettino che avevo scritto tempo fa il primo gennaio, dopo un capodanno etilico, di quelli in cui ti prende la botta meditabonda, ma sei troppo in botta per meditare.
L'ultimo dell'anno mi hanno chiesto che cosa avevo imparato dall'anno che se ne andava.
Ognuna di noi ha risposto: qualcuna ha imparato cose brutte, qualcun'altra ad essere più tollerante e che da tutti c'è qualcosa da imparare, qualcun'altra ancora a volersi più bene.
Io ho risposto che ho imparato a decodificare i codici altrui.
Il che significa che ho imparato che esistono altri modi di amare -e non parlo di storie d'amore, non solo almeno- che non coincidono necessariamente con i miei, ma che è amore anche quello.
E' una cosa che mi è costata un'immensa fatica, perchè prima ne soffrivo. Non riuscivo a capire perchè le persone che dicevano di amarmi non si comportassero come io mi aspettavo che facessero, perchè per me il voler bene era una cosa sola, e non ammetteva deviazioni.
Invece, ho imparato che non è così.
Ho imparato che l'amore è multicolore, e ognuno lo dipinge col colore che preferisce.
Le aspettative però ci sono, ed è giusto che ci siano.
La domanda che mi pongo per questo 2006 -e questa domanda si rivolge invece più che altro alle storie d'amore- è questa: dov'è il limite tra l'accettazione della diversità e l'accontentarsi delle briciole?
Dov'è il limite tra la comprensione dell'altro e un inaccettabile compromesso?
Mi chiedo quanti altri ultimi dell'anno dovrò passare prima che io lo capisca
sabato 6 novembre 2010
Pessimismo e Fastidio
Ma che posso dire d'altro?
Le parole le ho finite. La voce anche.
E' stato devastante.
Lui dorme.
COn i capelli appiccicati al viso e le gote leggermente rosse, pare un cherubino in un dipinto, un Gesù Bambino in un trittico del Tiepolo.
SOno andata a prenderlo all'aereoporto già carica del mio fatalismo d'arrivo come lo chiamo orami, piena delle lacrime di Ash e dell'incomprensione generale.
Lui appare raggiante come sempre, come sempre perfetto, con la pelle luminosa, gli occhi carichi di aspettative, le labbra e le mani curate e perfette. Nemmeno un volo di sei ore gli sgualcisce la camicia. Che rabbia. Io dopo sei ore di ufficio sempbro un paia di scarpe fruste.
Arriva carico di regali che non avevo chiesto. Che nemmeno mi andavano.
Parla parla parla. Accendo la radio. E lui capisce che aria tira.
A casa apro i mille pacchetti dai sacchetti pretenziosi.
Una pochette strapiena di trucchi Chanel.
Una cintura griffata.
Calze di chachemire.
Una maglia super griffata.
Una sciarpa della stessa griffe di cui sopra.
E dulcis in fundo, una borsa Gucci che sarà costata come il prodotto interno lordo di uno stato del terzo mondo.
Ma perche mi viene da chiedere.
Perchè mi vuoi trasformare in una modella da Fifth Avenue. Perchè deve essere tutto bello/perfetto/parossistico. Perchè. Vorrei dire di avere la cellulite ed esserne fiera. Non sono così. Resisto. Non voglio. Gesù, mi vedo mentre entro così conciata alla società operaia che prequentavo a Pavia, e tutti si girano. E mi linciano.
Vabbè grazie. Lo so sono sempre la solita disfattista a cui non va mai bene niente, uno fa mille buoni propositi idee pensieri e io trac rovino sempre tutto lo so.
Me lo merito.
Amen.
Lui mi dice dovremmo iniziare a mettere qualcosa in scatola, cioè cose che non ti servono nell'immediato, così inizi a spedire tutto. Bisogna portarsi avanti.
Scossa elettrica.
Cosa lasci qui alla tua amica?
Scossa elettrica.
Credo dovresti portarti il minimo possibile, là ho già tutto io è inutile sprecare soldi e fatica, non credi?
Scossa elettrica.
Lui ha iniziato a guardarsi in giro. a cercare case.
Case.
A ny non ci sono case, ci sono grattacieli dovenon puoi nemmeno aprire le finestre del tuo appartamento minimalista o ci sono town in brownstone considerate ville.
Lui dice che vuole andare a stare, come sempre, in Upper Est Side.
E te pareva.
(per chi non lo sapesse Upper Est side è la Gold Coast, è il quartiere dei ricchi, dei trentenni e delle scuole private, della PArk e della MAdison, della Lexington e ovviamente dell'Est River. E' il posto perfetto per lui. Ecco.)
Ma perchè, almeno il West side? no, non cede. Almeno Chelsea (gesù...)
Ok scherzavo.
Upper Est Side, arrivo.
(per pagare la mia parte di casa probabilmente mi prostituirò nel Queens, ma in fondo, perchè dirlo a lui?)
Le parole le ho finite. La voce anche.
E' stato devastante.
Lui dorme.
COn i capelli appiccicati al viso e le gote leggermente rosse, pare un cherubino in un dipinto, un Gesù Bambino in un trittico del Tiepolo.
SOno andata a prenderlo all'aereoporto già carica del mio fatalismo d'arrivo come lo chiamo orami, piena delle lacrime di Ash e dell'incomprensione generale.
Lui appare raggiante come sempre, come sempre perfetto, con la pelle luminosa, gli occhi carichi di aspettative, le labbra e le mani curate e perfette. Nemmeno un volo di sei ore gli sgualcisce la camicia. Che rabbia. Io dopo sei ore di ufficio sempbro un paia di scarpe fruste.
Arriva carico di regali che non avevo chiesto. Che nemmeno mi andavano.
Parla parla parla. Accendo la radio. E lui capisce che aria tira.
A casa apro i mille pacchetti dai sacchetti pretenziosi.
Una pochette strapiena di trucchi Chanel.
Una cintura griffata.
Calze di chachemire.
Una maglia super griffata.
Una sciarpa della stessa griffe di cui sopra.
E dulcis in fundo, una borsa Gucci che sarà costata come il prodotto interno lordo di uno stato del terzo mondo.
Ma perche mi viene da chiedere.
Perchè mi vuoi trasformare in una modella da Fifth Avenue. Perchè deve essere tutto bello/perfetto/parossistico. Perchè. Vorrei dire di avere la cellulite ed esserne fiera. Non sono così. Resisto. Non voglio. Gesù, mi vedo mentre entro così conciata alla società operaia che prequentavo a Pavia, e tutti si girano. E mi linciano.
Vabbè grazie. Lo so sono sempre la solita disfattista a cui non va mai bene niente, uno fa mille buoni propositi idee pensieri e io trac rovino sempre tutto lo so.
Me lo merito.
Amen.
Lui mi dice dovremmo iniziare a mettere qualcosa in scatola, cioè cose che non ti servono nell'immediato, così inizi a spedire tutto. Bisogna portarsi avanti.
Scossa elettrica.
Cosa lasci qui alla tua amica?
Scossa elettrica.
Credo dovresti portarti il minimo possibile, là ho già tutto io è inutile sprecare soldi e fatica, non credi?
Scossa elettrica.
Lui ha iniziato a guardarsi in giro. a cercare case.
Case.
A ny non ci sono case, ci sono grattacieli dovenon puoi nemmeno aprire le finestre del tuo appartamento minimalista o ci sono town in brownstone considerate ville.
Lui dice che vuole andare a stare, come sempre, in Upper Est Side.
E te pareva.
(per chi non lo sapesse Upper Est side è la Gold Coast, è il quartiere dei ricchi, dei trentenni e delle scuole private, della PArk e della MAdison, della Lexington e ovviamente dell'Est River. E' il posto perfetto per lui. Ecco.)
Ma perchè, almeno il West side? no, non cede. Almeno Chelsea (gesù...)
Ok scherzavo.
Upper Est Side, arrivo.
(per pagare la mia parte di casa probabilmente mi prostituirò nel Queens, ma in fondo, perchè dirlo a lui?)
giovedì 4 novembre 2010
Follie alle cinque del mattino di oggi
fidati di questo serpente... come sei pulito, come sei vero, sorridi, mi guardi sempre come ad offrirmi un ombrello...e io forse sono isterica... ma non avrò altro dio all'infuori di me
Più ci penso e più mi innervosisco... cioè ad un certo punto le dice di rinchiudersi in convento... lei parla d'amore e di doni ricevuti e lui vede in lei solo il genere femminile che rappresenta... e Amleto (che di donne pare abbia conosciuto solo quella povera disgraziata di sua madre che ancora tenta di redimere come il più becero portatore sano del complesso edipico), continua a parlare di peccato ereditario e secerne odio come se Ofelia avesse davvero tramato alle sue spalle. Ok finge la pazzia. si e' anche vero che tutto e' strumentale alla solitudine e non-comunicazione del personaggio che gli permetteranno di partorire il peiuidineplei per cui tanto si ricorda la tragedia... ed e' anche vero che lui non e' perfetto come non lo e' la nuova coscienza che rappresenta... ma Ofelia mica si va a prendere un caffè in lacrime con la sua migliore amica??... si ammazza come una cretina... mi sembra eccessivo.. però ha cominciato lui…
E se Amleto in realtà fosse gay?
ora scrivo... c'è una follia che sto pensando più d'ogni altra follia... e che mi lascia indifferente a “sono un oggetto buttato su una sedia”... un nuovo pezzo di niente... se fossi un oggetto non starei scegliendo il maschio migliore della specie secondo i criteri di simmetria&riproduzione... oppure starei facendo progetti a lungo... lunghissimo termine, da qui a all'ora del poi e del mai... invece... non lo so... e' una follia...
mercoledì 3 novembre 2010
a volte siedo in macchina oppure mi lascio gelare dal vento freddo
Ora, c'e' da dire che c'e' stato un tempo dove le possibilita' della parola scritta superavano di gran lunga quelle delle mie giornate. dico cose ovvie del resto. era abbandonarsi ad una caduta libera interiore, era un inventarsi inconsapevole un modo di essere e sentire, riuscire addirittura a renderlo reale - e non il contrario... ho scritto sempre di me e l'invenzione non mi ha mai supportato... mi considero una percettiva piu' che una visionaria e la razionalita' mi appartiene piu' di quanto non sembri... in me non c'e' nulla di strambo, ci sono solo troppi elementi dissonanti che se vengono fuori tutti insieme possono risultare piuttosto comici... ma di gente con un sano senso dell'umorismo c'e' penuria...
In questi giorni... in questi tanti giorni capovolti e rivoltati come un guanto (mi e' sempre piaciuta questa frase perche' non sono mai riuscita a togliermi i guanti di pelle senza rivoltarli del tutto)... in realta' non c'e' stato nulla di sconvolgente... nulla di apparentemente scioccante da giustificare il silenzio delle mie parole... si beh, ho scritto frasi, ho ridondato senzazioni, ho scavato nel mio vocabolario mentale pregando di suggerirmi quell'accostamento di suoni e lettere e immagini che un tempo m'inchiodavano allo schermo contemplante, rimuginante, convinta d'aver vomitato il meglio e il peggio di me con due parole mistiche. invece per giorni ho scritto e cancellato, no worth. no worth, pensavo.
e' che devo portare sempre il punto, chiudere il libro con l'orecchietta alla pagina... ricordare, enumerare, seguire, analizzare... lo faccio tutt'ora, lo sto facendo adesso... ma stavolta mi sembra giusto e il mio italiano non si sta servendo di particolari figure ... forse sto facendo outing in un modo nuovo, questo e 50 altri blog non mi sono mai serviti ad altro .
Succede che il mondo mi fa meno male... che se mi guardo indietro ritrovo delle cose, dei pensieri che vengono fuori nitidi e non hanno bisogno di convincermi con particolari atmosfere e giochi di figure retoriche... e succede che le cose accadono come accadevano prima, e adesso me ne accorgo... sono qui perche' le cose accadano... non c'e' nessun'altra interpretazione.
l'infinito dolore reca i suoi frutti e sono frutti di dolore, a cui saro' infinitamente grata per sempre... finche' le cose accadranno e il mio petto sara' sempre cosi' scoperto a riceverle, acuminate e morbide... perche' non c'e' altro che questo, con diversi nomi graduati a seconda del piacere capace di arrecare... ma a parte l'inconoscibile, la morte, che venga tutto come al solito e senza invito... perche' se ieri ero e oggi sono e sovrapponendomi perderei in un gioco enigmistico delle ombre e' perche' e' accaduto (e mai nessun termine viene cosi' dolce a calmarmi e cullarmi) che io abbia smesso di stringere le braccia al petto... di chiedermi di ogni cosa se vale la pena... perche' vale, e valere non e' un valore... solo si accetta perche' altro non esiste... e si accetta con rabbia reagendo o con ore ipnotiche di nulla e soffitto... tutto vale la pena. e allora si cresce (che brutta espressione si)... significa che si prende coscienza della solitudine (che brutta cosa)... e paradossalmente qui comincia il bello, la gioia, la liberta' di perdere, liberta' di lasciare andare... comincia tutto ogni volta che si e' soli... ed e' ogni giorno che tutto ricomincia da capo.
In questi giorni... in questi tanti giorni capovolti e rivoltati come un guanto (mi e' sempre piaciuta questa frase perche' non sono mai riuscita a togliermi i guanti di pelle senza rivoltarli del tutto)... in realta' non c'e' stato nulla di sconvolgente... nulla di apparentemente scioccante da giustificare il silenzio delle mie parole... si beh, ho scritto frasi, ho ridondato senzazioni, ho scavato nel mio vocabolario mentale pregando di suggerirmi quell'accostamento di suoni e lettere e immagini che un tempo m'inchiodavano allo schermo contemplante, rimuginante, convinta d'aver vomitato il meglio e il peggio di me con due parole mistiche. invece per giorni ho scritto e cancellato, no worth. no worth, pensavo.
e' che devo portare sempre il punto, chiudere il libro con l'orecchietta alla pagina... ricordare, enumerare, seguire, analizzare... lo faccio tutt'ora, lo sto facendo adesso... ma stavolta mi sembra giusto e il mio italiano non si sta servendo di particolari figure ... forse sto facendo outing in un modo nuovo, questo e 50 altri blog non mi sono mai serviti ad altro .
Succede che il mondo mi fa meno male... che se mi guardo indietro ritrovo delle cose, dei pensieri che vengono fuori nitidi e non hanno bisogno di convincermi con particolari atmosfere e giochi di figure retoriche... e succede che le cose accadono come accadevano prima, e adesso me ne accorgo... sono qui perche' le cose accadano... non c'e' nessun'altra interpretazione.
l'infinito dolore reca i suoi frutti e sono frutti di dolore, a cui saro' infinitamente grata per sempre... finche' le cose accadranno e il mio petto sara' sempre cosi' scoperto a riceverle, acuminate e morbide... perche' non c'e' altro che questo, con diversi nomi graduati a seconda del piacere capace di arrecare... ma a parte l'inconoscibile, la morte, che venga tutto come al solito e senza invito... perche' se ieri ero e oggi sono e sovrapponendomi perderei in un gioco enigmistico delle ombre e' perche' e' accaduto (e mai nessun termine viene cosi' dolce a calmarmi e cullarmi) che io abbia smesso di stringere le braccia al petto... di chiedermi di ogni cosa se vale la pena... perche' vale, e valere non e' un valore... solo si accetta perche' altro non esiste... e si accetta con rabbia reagendo o con ore ipnotiche di nulla e soffitto... tutto vale la pena. e allora si cresce (che brutta espressione si)... significa che si prende coscienza della solitudine (che brutta cosa)... e paradossalmente qui comincia il bello, la gioia, la liberta' di perdere, liberta' di lasciare andare... comincia tutto ogni volta che si e' soli... ed e' ogni giorno che tutto ricomincia da capo.
martedì 2 novembre 2010
lunedì 1 novembre 2010
Alea iacta est
In questo week end, o meglio, in queste notti, ho preso alcune decisioni. Forse dovrei dire abbiamo perchè le ho prese insieme ad altre persone, visto che le coinvolgevano, ma mi piace pensare di gestire in pieno e in solitaria il caos che ormai è la mia vita. Dunque.
La Vale aveva conosciuto a Miami un texano in vacanza, uno sceriffo federale per l'esattezza di Forth Worth. E meraviglia delle meraviglie, si è innamorata sul serio. Quando me lo ha detto non ci credevo, ma ne sono felice. Lei ha avuto una storia personale complicata (e chi non ce l'ha?)per cui si era persa per un ragazzo siciliano e l'aveva seguito qui negli Usa, in Florida. Poi lui l'aveva mollata senza troppi complimenti e lei era rimasta, senza però impegnarsi più in nessuna altra storia. Era rimasta traumatizzata per così dire. A quanto pare finalmente le è passata. Ora, tutto questo centra perchè Jason, lo sceriffo, le ha detto che vorrebbe vederla più spesso, non fare il pendolare come fa SPen con me... E lei ha trovato la soluzione. Ha mollato il lavoro in Florida, di cui era già stanca da tempo, e viene a vivere qui. Qui cioè in questa casa. QUesto le permetterà di trovare un lavoro qualsiasi senza preoccuparsi di pagare l'affitto.
E io invece partirò.
Io andrò a NY.
Ho parlato tantissimo con Spen e alla fine credo che sia la soluzione migliore.
Anche io lì potrò cercarmi un lavoro e magari restare negli Usa, e se non ci riesco vuol dire che non era destino, ma almeno ci ho provato.
L'unica cosa che mi preoccupa è lasciarmi travolgere nel turbinio di emozioni e parole di un inglese trapiantato, ma chissà, magari anche questa darà una cosa buona. Magari mi sblocco pure io. E magari andandomene da Dallas,m da questa città che amo e adoro con tutto il cuore, che mi ha visto calma e forse persino felice, magari anche io seppellisco il mio lutto per l'uomo dei silenzi e per la ragazzina spaventata che ero, e magari, finalemnte, riuscirò ad andare avanti.
Devo tentare.
Devo.
L'unica cosa che gli ho chiesto per andare a stare da lui è che cambiasse casa.
Gli è preso un colpo, povero.
Lui adora in modo morboso quel covo da scapolo stendignocca perfettemente congegnato.
Eppure ha ceduto ugualmente.
FOrse una parte di me sperava che rifiutasse, la sua casa perdio! e così avrei potuto avere una scusa per restare qui, rintanata sul mio divano.
Invece ha detto di si.
Ha detto che potremo cercare una casa insieme, una casa per me e per lui.
COme non lo so, visto che nemmeno so come farò senza lavoro a continuare a pagare la casa qui a Dallas, ma sebbene la mia testa e la mia ansia vadano a mille all'ora, io ho deciso di smettere si preoccuparmi per quello che sarà, e di buttarmi, di provarci almeno. E poi vedremo.
Ragion per cui Ash è un'ora che piange e scuote la testa, spezzandomi il cuore.
Lei è la cosa più vicina a una famiglia che io abbia mai avuto lontano da casa.
E ora me ne vado a seimila miglia da qui.
Ho scritto le dimissioni, a mano per giunta, e mi pareva di compiere un atto eroico.
Il 30 novembre sarà l'ultimo giorno.
Fra poco le dovrò consegnare.
Incrociamo le dita per me.
La Vale aveva conosciuto a Miami un texano in vacanza, uno sceriffo federale per l'esattezza di Forth Worth. E meraviglia delle meraviglie, si è innamorata sul serio. Quando me lo ha detto non ci credevo, ma ne sono felice. Lei ha avuto una storia personale complicata (e chi non ce l'ha?)per cui si era persa per un ragazzo siciliano e l'aveva seguito qui negli Usa, in Florida. Poi lui l'aveva mollata senza troppi complimenti e lei era rimasta, senza però impegnarsi più in nessuna altra storia. Era rimasta traumatizzata per così dire. A quanto pare finalmente le è passata. Ora, tutto questo centra perchè Jason, lo sceriffo, le ha detto che vorrebbe vederla più spesso, non fare il pendolare come fa SPen con me... E lei ha trovato la soluzione. Ha mollato il lavoro in Florida, di cui era già stanca da tempo, e viene a vivere qui. Qui cioè in questa casa. QUesto le permetterà di trovare un lavoro qualsiasi senza preoccuparsi di pagare l'affitto.
E io invece partirò.
Io andrò a NY.
Ho parlato tantissimo con Spen e alla fine credo che sia la soluzione migliore.
Anche io lì potrò cercarmi un lavoro e magari restare negli Usa, e se non ci riesco vuol dire che non era destino, ma almeno ci ho provato.
L'unica cosa che mi preoccupa è lasciarmi travolgere nel turbinio di emozioni e parole di un inglese trapiantato, ma chissà, magari anche questa darà una cosa buona. Magari mi sblocco pure io. E magari andandomene da Dallas,m da questa città che amo e adoro con tutto il cuore, che mi ha visto calma e forse persino felice, magari anche io seppellisco il mio lutto per l'uomo dei silenzi e per la ragazzina spaventata che ero, e magari, finalemnte, riuscirò ad andare avanti.
Devo tentare.
Devo.
L'unica cosa che gli ho chiesto per andare a stare da lui è che cambiasse casa.
Gli è preso un colpo, povero.
Lui adora in modo morboso quel covo da scapolo stendignocca perfettemente congegnato.
Eppure ha ceduto ugualmente.
FOrse una parte di me sperava che rifiutasse, la sua casa perdio! e così avrei potuto avere una scusa per restare qui, rintanata sul mio divano.
Invece ha detto di si.
Ha detto che potremo cercare una casa insieme, una casa per me e per lui.
COme non lo so, visto che nemmeno so come farò senza lavoro a continuare a pagare la casa qui a Dallas, ma sebbene la mia testa e la mia ansia vadano a mille all'ora, io ho deciso di smettere si preoccuparmi per quello che sarà, e di buttarmi, di provarci almeno. E poi vedremo.
Ragion per cui Ash è un'ora che piange e scuote la testa, spezzandomi il cuore.
Lei è la cosa più vicina a una famiglia che io abbia mai avuto lontano da casa.
E ora me ne vado a seimila miglia da qui.
Ho scritto le dimissioni, a mano per giunta, e mi pareva di compiere un atto eroico.
Il 30 novembre sarà l'ultimo giorno.
Fra poco le dovrò consegnare.
Incrociamo le dita per me.
sabato 30 ottobre 2010
venerdì 29 ottobre 2010
giovedì 28 ottobre 2010
Breath
...Il lutto per la perdita di qualcosa che abbiamo amato o ammirato sembra talmente naturale che il profano non esita a dichiarlo ovvio. Per lo psicologo invece il lutto è un grande enigma, uno di quei fenomeni che non si possono spiegare ma ai quali si riducono altre cose oscure. Noi reputiamo possedere una certa quantità di amare che chiamiamo libido la quale agli inizi del nostro sviluppo è rivolta al nostro stesso io. In seguito, ma in realtà molto presto, la libido si distoglie dall'Io per dirigersi sugli oggetti, che noi in tal modo accogliamo per così dire nel nostro Io. Se gli oggetti sono distrutti o vanno perduti per noi, la nostra capacità di amare (la libido) torna ad essere libera. Può prendersi altri oggetti come sostituiti o tornare provvisoriamente all'Io. Ma perchè questo distacco della libido dai suoi oggetti debba essere un processo così doloroso resta per noi un mistero sul quale per il momento non siamo in grado di formulare alcuna ipotesi. Noi vediamo unicamente che la libido si aggrappa ai auoi oggetti e non vuole rinunciare a quelli perduti, neppure quando il loro sostituto è già pronto. Questo dunque è il lutto.
Noi sappiamo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consun to e allora la nostra libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo ancora giovani e vitali) di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti, se possibile altrettanto o più preziosi...
Caducità, Sigmund Freud
Noi sappiamo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consun to e allora la nostra libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo ancora giovani e vitali) di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti, se possibile altrettanto o più preziosi...
Caducità, Sigmund Freud
lunedì 25 ottobre 2010
Oggi
da un pezzo indosso solo cappotti neri ... qualcosa di serio per darmi un tono... ho appena passato i 30 eppure certi miei colori e umori sono imbarazzanti per quella che si dovrebbe dire una donna ormai... ho sempre le guance rosse e la bocca socchiusa come le adolescenti... so bene che questo e' uno svantaggio... ho il dono di procrastinare lutti all'infinito... ma quanto e' dura rinascere davvero...
caro A. , che se t'incontro per strada hai ancora l'odore della renault verde e di un profumo ormai fuori moda, ho buttato tutte le rose rosse che avevo messo a seccare a testa in giu' e che ho portato per diversi anni in tutti gli appartamenti che abbiamo cambiato, le rose che mi facevi arrivare a casa col fattorino. conservo solo un biglietto in cui scrivevi delle cime dei pini innevati e di un nostro fantomatico amore, e un libro di lirici greci con dedica, forse anche una stampa arrotolata da qualche parte... prima di te i giorni erano canzoni e disegni e dopo di te le ore per mesi si sono lasciate consumare sui sampietrini di via Emilia... tra una sigaretta e l'altra... come chi di tanto amore non sa che farsene e lo respira fuori a fumetti sperando che si appiccichi alla giacca di qualche passante... mi hai lasciato per strada, sui treni e dopo di te i treni servono alla tenerezza dello smarrimento... ho portato il lutto dei tuoi occhi verdi e di altri occhi mai nati... eri cosi' presente e cosi' vero... la mia ombra e il mio gemello mancato... eri i miei vent'anni senza colpa, il mio primo amore gia' folle... mi piacerebbe sapere cosa pensi ora della lotta armata, dei convegni e di questo paese... cosa e' per te adesso la purezza e il candore... se ti definisci ancora l'ultimo idealista come in quel giorno in cui mi piangesti addosso tante lacrime da sporcare per sempre il mio vestitino blu...
caro D., non ti ho piu' rivisto da allora, ho dormito per molto tempo su di te e dei tuoi tanti anni ho fatto il mio cuscino morbido per non pensare a nulla... , mi hai amato cosi' tanto che ho dovuto lasciarti da solo in un giorno caldo... forse non avresti dovuto piangere quella volta mentre facevamo l'amore... ero e sono sempre stata una bambina che prende tutto sul serio. ma tu eri cosi' , di slanci e poche parole... ti perdevi nei tuoi quadri, nell'idea della morte e della perdita... nelle tue poesie boudlaeriane e soffrivi troppo per nulla, soffrivi ancora piu' di me e ricordo la tua agitazione e le tue mani tremanti mentre mi facevi quel ritratto che conservo finito solo per meta'... dove sembro l'ennesima ombra oscura dei tuoi incubi... t'illuminavi guardando basquiat, wharol, klimt, loutrec.. e guardando i miei capelli rossi di allora... ero troppo piccola per capirti... troppo egoista per amarti... troppo sofferente per credere e del tutto inconsapevole di tutto... chissa' se dipingi ancora a tutte le ore... se nascondi ancora la erre moscia parlando pianissimo e se piangi ancora quando sei felice e fai l'amore... se qualche donna ti ha compreso senza spaventarsi e fuggire.. come me...
caro M., conosciuto per caso in un modo cosi' strano... ricordo che eri un pazzo squilibrato ma i tuoi occhi avevano un colore buono, rassicurante... fosti il primo che velocissimo mi ponesti davanti al mondo delle opinioni... una sera in cui mi chiedesti cosa davvero mi piaceva di te e io non seppi risponderti nulla... il primo uomo che si divideva da me e mi voleva intera e donna davanti a lui... nessuna comunita', nessun 'una cosa sola'... tornai a casa barcollante.. e capii che ogni mia parola aveva un valore... piu' delle mie labbra, piu' dei miei colori... pensai di raggiungerti in danimarca da dove mi telefonavi e mi parlavi di persone, persone e persone... invece ti abbandonai mentre tu continuavi a non scrivermi cartoline ... settembre e' sempre stato un mese magico per me... mi ha trasformato anno dopo anno... e ha minato tanto la mia memoria...
caro A..., che mi verrebbe da dirti 'caro un corno!'.. eppure lo so che siamo caduti in basso perche' abbiamo volato in alto come nessuno... e non voglio ricordare nulla perche' ci impiegherei una vita e uno sforzo immenso... il primo natale dei tanti ti ho fatto una sciarpa bianca e verde... e mi sembra che ogni dolore e ogni gioia che ti ha riguardato mi ricordi sempre una mattina che ti ho incrociato con la mia sciarpa al collo e tu mi chiedesti un bacio... la mattina piu' felice della mia vita... poi ci sono stati sei anni di tutto... mi hai fatto scoprire chi sono e devo ancora decidere se mi piace... non mi faccio domande su di te... cammini sempre velocemente e guardi sempre dritto negli occhi... hai sistemi infallibili per ogni situazione di pericolo... sei stato passione, amore e tenerezza e noia... terrore e paura... sei stato la mancanza, la colpa.. il nido e lo strapiombo... padre e figlio... ipotesi, certezza... dolore che ancora mi cola dappertutto... che tu sia una sciarpa bianca verde fatta a mano... che tu sia il ricordo... amen..
caro D.., problematico e bellissimo... hai spiazzato il mio mondo... mi tocchi come fossi di porcellana... come un cappotto bianco appena comprato... sei un incorcio di eccessi... fucina di opposti... pensarti e' gia' faticoso.. esplodi fra le mani e mi scorri dentro distruttivo... per te non ci sono parole... cambi col tempo, con le ore, con i suoni e le atmosfere... a te che non possiedi e non ti fai possedere dedico questi giorni dove chiedere e interrogare e' superfluo o inopportuno... tutto arriva e va via in una breve marea interiore... sei il mio uomo della notte... che mi chiama e si accoccola nella mia voce che non dice niente... non pretendi 'insegnare e io imparo invece ad attendermi...
si ringraziano anche S. e A. per le brevi lezioni che hanno fatto si che io oggi sia questo punto interrogativo.
caro A. , che se t'incontro per strada hai ancora l'odore della renault verde e di un profumo ormai fuori moda, ho buttato tutte le rose rosse che avevo messo a seccare a testa in giu' e che ho portato per diversi anni in tutti gli appartamenti che abbiamo cambiato, le rose che mi facevi arrivare a casa col fattorino. conservo solo un biglietto in cui scrivevi delle cime dei pini innevati e di un nostro fantomatico amore, e un libro di lirici greci con dedica, forse anche una stampa arrotolata da qualche parte... prima di te i giorni erano canzoni e disegni e dopo di te le ore per mesi si sono lasciate consumare sui sampietrini di via Emilia... tra una sigaretta e l'altra... come chi di tanto amore non sa che farsene e lo respira fuori a fumetti sperando che si appiccichi alla giacca di qualche passante... mi hai lasciato per strada, sui treni e dopo di te i treni servono alla tenerezza dello smarrimento... ho portato il lutto dei tuoi occhi verdi e di altri occhi mai nati... eri cosi' presente e cosi' vero... la mia ombra e il mio gemello mancato... eri i miei vent'anni senza colpa, il mio primo amore gia' folle... mi piacerebbe sapere cosa pensi ora della lotta armata, dei convegni e di questo paese... cosa e' per te adesso la purezza e il candore... se ti definisci ancora l'ultimo idealista come in quel giorno in cui mi piangesti addosso tante lacrime da sporcare per sempre il mio vestitino blu...
caro D., non ti ho piu' rivisto da allora, ho dormito per molto tempo su di te e dei tuoi tanti anni ho fatto il mio cuscino morbido per non pensare a nulla... , mi hai amato cosi' tanto che ho dovuto lasciarti da solo in un giorno caldo... forse non avresti dovuto piangere quella volta mentre facevamo l'amore... ero e sono sempre stata una bambina che prende tutto sul serio. ma tu eri cosi' , di slanci e poche parole... ti perdevi nei tuoi quadri, nell'idea della morte e della perdita... nelle tue poesie boudlaeriane e soffrivi troppo per nulla, soffrivi ancora piu' di me e ricordo la tua agitazione e le tue mani tremanti mentre mi facevi quel ritratto che conservo finito solo per meta'... dove sembro l'ennesima ombra oscura dei tuoi incubi... t'illuminavi guardando basquiat, wharol, klimt, loutrec.. e guardando i miei capelli rossi di allora... ero troppo piccola per capirti... troppo egoista per amarti... troppo sofferente per credere e del tutto inconsapevole di tutto... chissa' se dipingi ancora a tutte le ore... se nascondi ancora la erre moscia parlando pianissimo e se piangi ancora quando sei felice e fai l'amore... se qualche donna ti ha compreso senza spaventarsi e fuggire.. come me...
caro M., conosciuto per caso in un modo cosi' strano... ricordo che eri un pazzo squilibrato ma i tuoi occhi avevano un colore buono, rassicurante... fosti il primo che velocissimo mi ponesti davanti al mondo delle opinioni... una sera in cui mi chiedesti cosa davvero mi piaceva di te e io non seppi risponderti nulla... il primo uomo che si divideva da me e mi voleva intera e donna davanti a lui... nessuna comunita', nessun 'una cosa sola'... tornai a casa barcollante.. e capii che ogni mia parola aveva un valore... piu' delle mie labbra, piu' dei miei colori... pensai di raggiungerti in danimarca da dove mi telefonavi e mi parlavi di persone, persone e persone... invece ti abbandonai mentre tu continuavi a non scrivermi cartoline ... settembre e' sempre stato un mese magico per me... mi ha trasformato anno dopo anno... e ha minato tanto la mia memoria...
caro A..., che mi verrebbe da dirti 'caro un corno!'.. eppure lo so che siamo caduti in basso perche' abbiamo volato in alto come nessuno... e non voglio ricordare nulla perche' ci impiegherei una vita e uno sforzo immenso... il primo natale dei tanti ti ho fatto una sciarpa bianca e verde... e mi sembra che ogni dolore e ogni gioia che ti ha riguardato mi ricordi sempre una mattina che ti ho incrociato con la mia sciarpa al collo e tu mi chiedesti un bacio... la mattina piu' felice della mia vita... poi ci sono stati sei anni di tutto... mi hai fatto scoprire chi sono e devo ancora decidere se mi piace... non mi faccio domande su di te... cammini sempre velocemente e guardi sempre dritto negli occhi... hai sistemi infallibili per ogni situazione di pericolo... sei stato passione, amore e tenerezza e noia... terrore e paura... sei stato la mancanza, la colpa.. il nido e lo strapiombo... padre e figlio... ipotesi, certezza... dolore che ancora mi cola dappertutto... che tu sia una sciarpa bianca verde fatta a mano... che tu sia il ricordo... amen..
caro D.., problematico e bellissimo... hai spiazzato il mio mondo... mi tocchi come fossi di porcellana... come un cappotto bianco appena comprato... sei un incorcio di eccessi... fucina di opposti... pensarti e' gia' faticoso.. esplodi fra le mani e mi scorri dentro distruttivo... per te non ci sono parole... cambi col tempo, con le ore, con i suoni e le atmosfere... a te che non possiedi e non ti fai possedere dedico questi giorni dove chiedere e interrogare e' superfluo o inopportuno... tutto arriva e va via in una breve marea interiore... sei il mio uomo della notte... che mi chiama e si accoccola nella mia voce che non dice niente... non pretendi 'insegnare e io imparo invece ad attendermi...
si ringraziano anche S. e A. per le brevi lezioni che hanno fatto si che io oggi sia questo punto interrogativo.
domenica 24 ottobre 2010
why don't you come away?
Stasera se ne va. Facevo la torta di mele da portare in ufficio e mi chiede "Perchè non posso averne mai una anche io? Una per me".
Non ne posso più, avrei voluto dirgli. Ma non gli ho detto niente.
QUando è qui prego perchè se ne vada subito. Quando è a seimila miglia da qui lo vorrei nel letto. Assurdo.
Abbiamo parlato tantissimo, tanto che mi sento stordita da tutte quelle parole. Ubriaca d'acqua, cabernet e monologhi.
E venerdì torna.
E se il venerdi' mi mette ansia e' perche' il venerdi' mi ritrovo sempre sola a sentire le follie di un uomo solo che blatera d'amore.
mi verrebbe da dire a volte, che oltre a questa voce e a queste mani... dietro questi capelli e queste smorfie che sembrano sorrisi... dietro ai 'si' ai 'no' e ai silenzi.. oltre ai pochi pensieri che racconto e alle carezze che ti faccio scivolare lente sul viso... dietro i 'dove sei, che fai, ti sto pensando e ti voglio bene'... dietro tutto in realta' mi verrebbe da dire che non c'e' piu' niente... e io non sono una soluzione, non sono un rifugio.
In definitiva sono stravolta di tutto. Delle parole, del sesso affamato, delle spiegazioni che pretende e non so dare, dei buchi nel petto e nelle calze.
Non ho dormito un minuto.
Ti prego, vattene a casa.
Non ne posso più, avrei voluto dirgli. Ma non gli ho detto niente.
QUando è qui prego perchè se ne vada subito. Quando è a seimila miglia da qui lo vorrei nel letto. Assurdo.
Abbiamo parlato tantissimo, tanto che mi sento stordita da tutte quelle parole. Ubriaca d'acqua, cabernet e monologhi.
E venerdì torna.
E se il venerdi' mi mette ansia e' perche' il venerdi' mi ritrovo sempre sola a sentire le follie di un uomo solo che blatera d'amore.
mi verrebbe da dire a volte, che oltre a questa voce e a queste mani... dietro questi capelli e queste smorfie che sembrano sorrisi... dietro ai 'si' ai 'no' e ai silenzi.. oltre ai pochi pensieri che racconto e alle carezze che ti faccio scivolare lente sul viso... dietro i 'dove sei, che fai, ti sto pensando e ti voglio bene'... dietro tutto in realta' mi verrebbe da dire che non c'e' piu' niente... e io non sono una soluzione, non sono un rifugio.
In definitiva sono stravolta di tutto. Delle parole, del sesso affamato, delle spiegazioni che pretende e non so dare, dei buchi nel petto e nelle calze.
Non ho dormito un minuto.
Ti prego, vattene a casa.
sabato 23 ottobre 2010
sto per uscire vestita da ballerina del Molin Rouge: a volte le donne sono davvero ridicole
pero', di fondo, la contraddizione maggiore riguarda me. riguarda la mia indignazione che e' debole e succube del retaggio culturale. subisco i 'stai zitta e stai buona', i 'chi ti chiama a quest'ora' e i 'cosa stavi guardando' (tutti poi nemmeno detti)... anzi, potrei dire che gestisco magistralmente tutto questo cercando di capire il senso della contropartita, poiche' non mi ritengo stupida ne' passiva e nemmeno mancante d'autostima fino al punto citato. so bene che sono una diplomatica ma non so che patteggio e in nome di cosa l'ideale debole lascia spazio alla pacatezza. e' vero, adoro il terrore nei suoi occhi quando teme d'avermi ferito, ma e' per il gusto del gioco e non del potere, che d'altronde non vale 1 minuto di una giornata in cui riconosco me stessa, e me stessa non e' docile, ne' dolce ne' maliziosa, ne' bella, ne' desiderabile, ne' buona o giusta, ne' permalosa o vendicatrice, ne' cattiva o sottomessa, ne' ambigua ne' vera. il giorno in cui riconosco me stessa non ho bisogno di sentirmi in nessun modo e sono libera.
venerdì 22 ottobre 2010
Appunti ritrovati
hai un bel profilo.. un respiro solenne e una morale kantiana.. sei molto di cio' con cui ardisco congiungere i miei umori.. hai odori delicati e mani aerodinamiche.. spalle larghe e infiniti solchi ironici intorno alle labbra.. potrei amarti come si amano i grandi dolori o i grandi piaceri.. con quel sentimento di vicinanza alla fine del mondo che ti fa osare il pudore dei sentimenti piu' protetti.. ma non sei un estraneo e questo preclude la possibilita' ch'io possa dirti veramente chi sono...
E questo è quello che ho scritto di Spen...dopo quella sera. Quella in cui ci siamo conosciuti.
Ero da poco a Dallas e stavo ancora lottando con la banca per avere il mutuo per la casa. Volevo rivedere New York: ci ero stata anni fa con mia sorella, al liceo. C'erano ancora le torri, per dire. così mi ero presa un venerdì e sono partita per il week end. Il sabato sono andata a cena da Big Wong (se passate da NY e vi piace la cucina cinese andateci!), a Chinatown. Me lo aveva consigliato Jeff fra l'altro. Il casino è che lì c'è sempre un sacco di gente, via vai ovunque, caos a non finire, e in pratica finisci quasi sempre a dividere il tavolo (e il conto) con qualcun altro, che magari non conosci. Così è successo a noi.
Lui pareva scocciato, poi era solo imbarazzato. Ricordo ancora che abbiamo mangiato maiale arrosto, anitra e pollo alla griglia, e quelle favolose crepes di riso... E abbiamo parlato. Era timido. Da dove viene mi ha chiesto. Da Dallas ho risposto. Credo che per lui fosse la cosa peggiore che potesse capitare (in USA quelli del sud spesso sono considerati zotici, capmagnoli beceri, e sfottuti da quelli del nord soprattutto per il famoso accento strascicato e le manie diciamo bislacche...) Poi quando gli ho spiegato che ero italiana in realtà è sembrato rasserenato. E' stato divertente. Poi gli ho detto che andavo, tornavo in albergo. Ci ha pensato un pò, poi mi ha proposto di andare a bere magari del vaffè insieme. Perchè no, mi sono detta. E via. Abbiamo preso un cab e siamo andati al Glass, a Chelsea. Ecco, non era il mio posto, ma nemmeno lui era il mio tipo, avrei dovuto capirlo quando mi ha detto che era un avvocato... Il locale si adattava perfettamente a tipi come lui: carini, trendy, trentenni e con il portafoglio rigonfio. L'opposto di me, con le mie nike fruste per camminare per gli avenue...
Ricordo di aver pensato che il nome del locale non era dovuto all'aredamento, ma al tiraggio della gente che c'era dentro... Cmq abbiamo bevuto tutto tranne il caffè. E poi mi ha riaccompagnato in albergo.
"Quando torni a Dallas?" ha chiesto, nel cab.
Domani. Oggi era l'ultimo giorno."
"Peccato". E mi ha lasciato il suo numero. Imbarazzato. Molto.
Ma non ha chiesto il mio. Galante.
Bhe, l'ho richiamato.
E questo è quello che ho scritto di Spen...dopo quella sera. Quella in cui ci siamo conosciuti.
Ero da poco a Dallas e stavo ancora lottando con la banca per avere il mutuo per la casa. Volevo rivedere New York: ci ero stata anni fa con mia sorella, al liceo. C'erano ancora le torri, per dire. così mi ero presa un venerdì e sono partita per il week end. Il sabato sono andata a cena da Big Wong (se passate da NY e vi piace la cucina cinese andateci!), a Chinatown. Me lo aveva consigliato Jeff fra l'altro. Il casino è che lì c'è sempre un sacco di gente, via vai ovunque, caos a non finire, e in pratica finisci quasi sempre a dividere il tavolo (e il conto) con qualcun altro, che magari non conosci. Così è successo a noi.
Lui pareva scocciato, poi era solo imbarazzato. Ricordo ancora che abbiamo mangiato maiale arrosto, anitra e pollo alla griglia, e quelle favolose crepes di riso... E abbiamo parlato. Era timido. Da dove viene mi ha chiesto. Da Dallas ho risposto. Credo che per lui fosse la cosa peggiore che potesse capitare (in USA quelli del sud spesso sono considerati zotici, capmagnoli beceri, e sfottuti da quelli del nord soprattutto per il famoso accento strascicato e le manie diciamo bislacche...) Poi quando gli ho spiegato che ero italiana in realtà è sembrato rasserenato. E' stato divertente. Poi gli ho detto che andavo, tornavo in albergo. Ci ha pensato un pò, poi mi ha proposto di andare a bere magari del vaffè insieme. Perchè no, mi sono detta. E via. Abbiamo preso un cab e siamo andati al Glass, a Chelsea. Ecco, non era il mio posto, ma nemmeno lui era il mio tipo, avrei dovuto capirlo quando mi ha detto che era un avvocato... Il locale si adattava perfettamente a tipi come lui: carini, trendy, trentenni e con il portafoglio rigonfio. L'opposto di me, con le mie nike fruste per camminare per gli avenue...
Ricordo di aver pensato che il nome del locale non era dovuto all'aredamento, ma al tiraggio della gente che c'era dentro... Cmq abbiamo bevuto tutto tranne il caffè. E poi mi ha riaccompagnato in albergo.
"Quando torni a Dallas?" ha chiesto, nel cab.
Domani. Oggi era l'ultimo giorno."
"Peccato". E mi ha lasciato il suo numero. Imbarazzato. Molto.
Ma non ha chiesto il mio. Galante.
Bhe, l'ho richiamato.
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