Per restare in tema con la vena simpatica e ilare (!!) che sta prendendo ultimamente questo blog, ho deciso di aderire a questa sorta di campagna interweb. Non potevo non farlo, non con la mia storia alle spalle. la mia storia.
Ho pensato tante volte se parlare della mia malattia qui. Mi ero ripromessa di non farlo per alcune ragioni, in primis fra tutte il fatto che è un dolore, vivo e reale, ma privato. Inoltre non sono sicura che sia tutto finito, spesso mi sento in bilico sulla lama di un coltello e ho paura. Non riesco nemmeno a dirlo il nome della mia malattia. Ma spesso girovagando per blog, la notte quando non riesco a dormire, leggo storie di ragazzine (e non solo), leggo ho mangiato, ho vomitato, peso … per uno che passa e va non significa niente. Ma per chi ha vissuto certe cose, sa quanto dolore ci sia. Io spesso cerco di non pensarci, perché se lo faccio piango ancora. Io a volte sono tentata di scrivere qualche commento, magari parole di conforto, ma so perfettamente che non ce ne sono quando si sta così, e inoltre di certo non voglio dare la patente a nessuno.
Io ora ho trentun anni, sono alta 1.78 e peso 55 kg. Ho un’alimentazione controllata ma rilassata. Non vomito più, non prendo più lassativi dopo ogni pasto, non mi abbuffo più, non peso nulla, non vivo nell’ossessione del peso e della taglia.
Mi sono ammalata quando non si parlava certo di disturbi alimentari come oggi. Allora nessuno sapeva bene di cosa si trattasse, certe parole non esistevano e comunque erano un tabù come parlare di sesso durante una prima comunione.
Ho iniziato a voler ripulire tutto. Per cui mi son messa di impegno e ho fatto le grandi pulizie di primavera in casa, con un impeto inaudito. Poi sono passata alla mia stanza. Ho buttato via tutto. Ovviamente poi è toccato a me stessa. Ho pensato di mangiare un po’ meno, per sentirmi libera. Poi ancora meno. Poi di non mangiare più del tutto. Dopo tre giorni di digiuno totale sono svenuta a scuola. Solo un po’ di debolezza, stamattina ho fatto tardi e ho saltato la colazione, non è nulla … Poi ho capito che c’era un metodo migliore, in cui non svenivo e non sentivo i crampi della fame: vomitare. Sono andata avanti parecchio, e ho imparato quali sono i cibi più facili da espellere. Ma mi sentivo sporca, e il dimagrimento non era quanto io avrei voluto. Ho provato con i lassativi, efficacissimi, ma con una vita sociale come la mia non era controllabile. E sono tornata al punto di partenza, il non mangiare. E ho scoperto che bastava così poco cibo per stare in piedi! Mi sentivo pulita e meravigliosamente vuota, e così stavo bene. Mi è venuta una forza spaventosa, che non ha mai più avuto in mia, mangiando nulla riuscivo a fare tutto della mia vita precedente, e anche di più; continuavo a danzare, a studiare, andavo a correre e a nuotare in estate, camminavo per chilometri imponendomi di non prendere i mezzi pubblici e andavo ovunque a piedi. Mi sentivo così fiera di me! Il dimagrimento è stato lento ma spaventoso. Dai 58 kg che pesavo sono arrivata a 40 circa. Ero mostruosa. Praticamente mi andavano bene i vestiti delle bambine, e tutto era enorme. E questo era la mia più grande felicità.
I miei familiari si sono accorti molto tardi della cosa. Potevo sempre dire che avevo già mangiato in giro, visto che spesso ero fuori casa, o dai genitori di Andrea dicevo che avevo mangiato a casa e viceversa. Era perfetto. Mia sorella ha capito tutto per prima. Ha provato a parlarmi prima di correre a dire tutto a nostra madre, ma come ogni malata, le ho detto che era pazza, che io stavo benissimo, anzi , non mi ero mai sentita meglio.
Mia madre non ci ha creduto subito, ma da lì ha iniziato a tenermi d’occhio. E quando la cosa era ormai lampante mi ha portato dal nostro medico di famiglia di allora, un medico vecchio stampo, che non ha mai capito che non soffrivo di inappetenza o non bruciavo di più per lo sport, ma ero io a rifiutare il cibo, e per un bel po’ non faceva altro che prescrivermi Supradyn che regolarmente finiva nel water.I capelli cadevano a ciocche, le unghie erano molli come cera, il ciclo mestruale completamente scomparso, i denti cariati e rovinati. Ma non era ancora abbastanza.
Poi la cosa divenne seria e non si poteva mascherare più, ero magra da far paura, e tutti, conoscenti, amici, parenti, insegnanti, tutti non facevano che dire “oddio come sei dimagrita! “ oppure “sei troppo magra, stavi così bene prima!” . Non potete immaginare quanto godevo dal sentirmi dire quel sei troppo magra. Un trionfo. Ma così, anche i miei genitori capirono che davvero c’era qualcosa che non andava. E mi inchiodarono. Le loro reazioni furono di ogni tipo. All’inizio mi proibirono di mangiar fuori, e mi tagliarono i fondi, e lì non potevo più scappare. Si resero subito conto che rifiutavo il cibo, in ogni forma. Stare con loro a tavola era impossibile, tutto mi disgustava, mi metteva ansia, disagio. L’odore della cucina mi faceva fuggire. Mia madre e mia nonna provarono con ogni forma di manicaretto e squisitezza, ma nulla. Anzi, più la cosa era buona più io riuscivo a dire no, più questo mi gratificava. Iniziarono con il chiudermi in casa se non mangiavo “almeno quello..” Non funzionò un granchè. Ero stoica. Mi chiudevo in camera o mi sedevo sul divano e fissavo il vuoto, in assoluto silenzio, per giornate intere. Oppure mi scarnificavo le mani, partivo dalle pellicine delle unghie e mi strappavo via interi pezzi di pelle, e sanguinavo, sanguinavo… credo di aver macchiato con il mio sangue qualsiasi brandello di stoffa ci fosse in casa. Il dolore fisico era una benedizione. Mi portarono da altri dottori e psichiatri e questi ogni santa volta ripetevano “perché non vuoi mangiare?”. Il silenzio continuava e loro proponevano le cure più disparate. Poi degenerò la loro pazienza, mi bendarono strette le mani e tentarono di imboccarmi a forza. Vomitavo sempre tutto, e ormai anche sangue. E degenerò anche la mia malattia. Iniziai a fumare come una turca, io che ho sempre odiato il fumo! E lo facevo sfacciatamente, di fronte a loro, e passavo nottate gelide sul balcone a fumare da sola.
Poi ci fu la fase più tremenda, quella dell’angoscia, quella in cui coprii tutti gli specchi di casa con la plastica nera dei sacchi dell’immondizia, quella in cui mi facevo la doccia bendata per non guardarmi e mia sorella e mia madre, come due donne che puliscono un morto, mi aiutavano e mi asciugavano. Fu uno strazio.
E poi ci fu la fine. Ci fu il momento in cui la mia enorme forza era svanita e alzarmi dal letto era uno sforzo troppo grande, in cui bere un bicchier d’acqua mi colmava e mi nauseava. Quella in cui venne il medico in casa e mi visitò nel mio continuo silenzio e disse a tutti di comprarsi un vestito scuro e di scegliere per me una bara perché non c’era altro da dire o da fare. Ci furono giorni di pianti continui, di via vai di gente in casa, ma nessuno osava entrare nella mia stanza. E io lì, sul mio lettino, che pensavo a dove sarei finita quando fossi finalmente crepata.
Poi un pomeriggio entrò il Notaio. Mi salutò raggiante e si sedette sul bordo del mio letto conversando come nulla fosse. Mi trattava con naturalezza, come se tutto fosse normale. Io restavo zitta. Poi mi prese per mano guardandomi dritto negli occhi, con i suoi occhi color del ghiaccio e mi disse solo “Io ti capisco.” E da lì a cinque minuti piansi. Ero stremata da quel pianto, usciva tutto come se dentro avessi un veleno da spurgare. Poi aggiunse “Se ti va di parlare ci sono. Possiamo parlare insieme, puoi parlare tu o puoi ascoltare me.” E mentre faceva per alzarsi iniziai a parlare. Gli dissi che avevo un dolore enorme dentro, che ero terrorizzata, che non volevo morire. E continuai per ore. Poi alla fine, mentre ero fradicia di lacrime, mi disse che conosceva un bravo terapeuta a Milano, che mi ci avrebbe portato lui, che mi avrebbe aspettato fuori e mi avrebbe riportato a casa se volevo o in qualsiasi altro posto avessi deciso. Io gli annui con la testa. E come mi piace pensare, quel pomeriggio sono morta, su quel lettino, e lì sono rinata.
Il terapista era davvero bravo, era una donna innanzitutto, e con il tempo, tanto tempo, la mia anima straziata si riprese, capii che era davvero una rinascita, perché dovetti imparare tutto da capo. Capii che il mio male iniziava in famiglia, una famiglia stupenda e amorevole, dove eppure mi sentivo schiacciata dal ruolo di una madre forte e predominante, da un paragone continuo con una sorella “perfetta”, e da una relazione che sentivo addosso come una camicia di forza, una cosa decisa da altri e non davvero mia, da cui non avevo la forza di uscire. Alla fine quella forza l’ho trovata, sebbene a malincuore perché io ad Andrea volevo e voglio bene davvero, ma come ne voglio a mio fratello, e anche se sapevo di causargli un dolore, ho scelto la mia vita. Il Notaio mi ha procurato il lavoro da impiegata a Venezia da un notaio suo amico, mi ha aiutato a cercare un appartamento con un affitto gestibile, e tante piccole stupende attenzioni che davvero, erano degne di un padre ad una figlia, nonostante la fine del mio rapporto con suo figlio. La lontananza ha curato anche i rapporti malandati con mia madre e tutti gli altri, che adoro, ma il loro affetto mi soffocava.
E alla fine, ora, sono qui.
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grazie per aver raccontato la tua storia. posso solo immaginare quanta fatica ti sia costato.
RispondiEliminaio ho conosciuto diverse persone con problemi simili, tra cui una a me molto vicina..
non vorrei essere retorica ma è importante sapere che se ne può uscire. con forza, fatica e dolore, ma se ne può uscire..
ci vogliono le palle per scrivere tutto questo. anche se ti senti in bilico, sicuramente sei più forte di quanto non credi!
RispondiEliminamettere i km fra le persone a volte serve a ridimensionare tutto! ma ancora una volta, ci vogliono le palle per mollare tutto ed andare lontano migliaia di km, a confronto con una realtà completamente indifferente e nuotare liberamente e non stare semplicemente a galla.
tornando a me: fra la casa nuova ed il super lavoro - in fondo mi piace giocare alla donna in carriera, anche se mi stanco velocemente ;) - mi sono presa una pausa dai blog ed ho chiuso l'altro perch tanto non stavo facendo più nulla che avevo voglia di mostrare agli altri. ho mantenuto il blog sui viaggi però perchè, spesso e volentieri, ci piace prenderci uan pausa da tutto e sparire, anche solo per un paio di giorni ;)
Eileen, credimi non ho parole...sono atterrita dal tuo racconto. Una vita, mille vite, la strada verso la morte e la rinascita.
RispondiEliminaEileen ho bisogno di pensare, scusa il mio commento striminzito ma mi hai toccato il cuore e ho bisogno di tempo per tornare qui.
Voglio solo dirti che la persona che sei adesso merita di stare bene, se lo merita, credici cazzo!
Heidi
Siberia: vero, si può se lo si vuole. E' dura, durissima, ma si può condurre una vita normale.
RispondiEliminaBecky: sono così contenta che sei tornata fra noi! :))
Heidi: oddio scusa, mi rendo conto che è tutto molto forte, ma non volevo scioccare nessuno. Non sparire cara e... grazie.
Grazie per questo post, grazie per aver raccontato la tua esperienza. Grazie perché il tuo post l'ho inviato a mia nipote che è vicina alla morte, è nella sua fase terminale ed è terribile.
RispondiEliminaGrazie per il tuo coraggio, grazie per avercela fatta.
Eileen, credo nel cambiamento e nella rinascita, nel reinventare sè stessi. Se sei riuscita a superare tutto questo hai il mondo in mano, non fermarti
RispondiEliminaun bacio grande da una personacina che ha fiducia nel tuo potenziale :)
Eileen non mi sento di dire nulla. Che sei forte, questo si, te lo voglio dire. D'a.
RispondiEliminaSolo chi ha toccato con mano un dolore ed è una persona sensibile come te, può raccontarlo in una maniera così pulita. Il tuo dono non va sprecato e questo che hai scritto qui dovrebbe davvero essere reso pubblico, perchè se una sola persona in più può guarire grazie alle tue parole, si sarebbe raggiunto un bel risultato.
RispondiEliminaUn caro abbraccio
Il tuo racconto mi ha lasciato senza parole. E' straziante e così vero.
RispondiEliminaSei una persona molto forte se sei riuscita a superare tutto questo. Grazie davvero per avere condiviso la tua esperienza e spero che tutto questo possa essere di aiuto un pò a tutti.
Complimenti di cuore, ti meriti ogni bene, cerca di stare ben capito! :) Un abbraccio.
Merda, Eileen. E passami il francesismo.
RispondiEliminaSei una gran donna ad esserne uscita, e soprattutto a raccontarlo.
Chapeau!
Cavoli Eileen che storia la storia la tua, sono senza parole. L'aver superato questi momenti difficili, anzi difficilissimi, dimostra quanto sei forte anche se hai bisogno di toccare il fondo per poter risalire. Uno stimolo in più per riuscire a superare il momento difficile di adesso. DAI DAI FORZA!!!!
RispondiEliminaVOrrei ringraziarvi tutti per la belle parole e per gli incoraggiamenti, soprattutto dopo un polpettone denso come quello che c'è qui sopra, ma dolorosamente reale. Vi stringo in un abbraccio virtuale!
RispondiEliminaI am: vorrei trovare parole da dirti, da riferire a tua nipote, ma purtroppo so si sceglie da soli la via per risalire, indipendentemente da quanto gli altri ci dicano. Sii forte, e cerca di volerle bene.