domenica 27 febbraio 2011

Come ti frego l'Azzurro

Venerdì pomeriggio Azzurro non lavora. Anzi, forse dovrei dire non va in ufficio, visto che a mio parere, quel che fa, non è di certo lavorare. Vabbè.
Indi per cui siamo usciti a fare un giro per negozi. Insomma, visto che c'è in giro un pò di roba nuova, nonostante il freddo assurdo, l'ho trascinato da Banana Repubblic. Non era convinto ma alla fine ha scovato una cosa: gli short da uomo. Pantaloncini tipo bermuda.
"che ne pensi?" mi chiede.
Lampo di genio maligno.
"Spen non puoi metterti quella roba!"
"Perchè??"
"Perchè hai il ginocchino. Ti starebbe malissimo!"
Fronte corrugata, sopracciglia aggrottate. Non capisce.
"Hai le ginocchia piccole!" continuo.
Mmmm-.
Continuiamo il nostro giro. Lo sorprendo varie volte che si specchia qua e là ma è normale, per lui, narciso come'è.
Poi a casa ci cambiamo per uscire a cena.
Mentre sono nel mio bagno me lo vedo arrivare con insosso la camicia e la cravatta, i boxer e i calzini. Senza pantaloni.
E mi dice "Cazzo! Non ho le ginocchia piccole!" con un'aria spaventata.
Gli faccio la faccia di una che dice "vuoi convincere me o te?".
Sbuffa. Torna al suo bagno. Io esco e lo vedo che si specchia nella cabina armadio.
"Sul serio, ho le ginocchia piccole??" completamente in crisi.

Ecco come si fanno venire i complessi a uno che non ha mai avuto un punto nero in vita sua. Sono diabbbolica!! BHUAHAHAHAHAHHA!
;))

giovedì 24 febbraio 2011

Detesto il jet lag

Sono in botta totale. Non dormo di notte, non dormo di giorno, insomma: non dormo.
SOno tornata qui con valigie cariche di tortellini, biscotti, succhi di frutta, salsa di pomodoro, spaghetti, che pensavo mi arrestassero al JFK per tentata ipercolesterolemia agli States.
Sono riuscita a partire nonostante il casino di lunedì a Malpensa. Del resto mi pare giusto che quando parto io uno sfondi una vetrata con l'auto, mica un altro giorno...
Sono arrivata e Azzurro mi scrive che non riusciva a venire all'aereoporto, insomma ho preso un cab maledicando il traffico totale di NYC. Qui a qualsiasi ora è ora di punta. Non giuderò mai, lo giuro.
Giungo spiaggiata a casa (mah, casa...) e finalmente mi assalgono le millemila chiamate di tutta la mia famiglia per sapere se sono arrivata viva.
Ora mi manca da morire la mansardina, la quiete e il silenzio di una piccola città di provincia. Io vengo da lì. Lì si possono aprire le finestre, respirare il frofumo delle piante, l'odore del pane che cuoce nell'aria, il caffè del bar... qui c'è una puzza di smog che meno male, forse, che non si possono aprire le finestre...
Qui non c'è privacy, solo vetri inclementi che ho sempre paura che ci sia uno che guarda. Basterebbe un binocolo, mica è difficile.
Vabbè, comnque va tutto bene.
Ieri ho fatto un giro a Eatitaly e ringrazio gesù per avermi regalato quello spazio.
Niente più pacchi da casa. Evviva.
Ho preso da lì, una decisione.
Vabbè due.
La prima è di iscrivermi in palestra. Una seria ma modesta, normale, non un tempio della t-shirt all'ultima moda dove va Azzurro. No grazie. Una roba da persone normali. E la seconda è di scoprire pian piano NYC, in giro per i fatti miei, da sola. Luoghi famosi e quelli meno, scorci, paesaggi, viste, angoli, locali.
Vedremo.
Ah, sì, devo anche trovarmi un lavoro, trovare un appartamento che vada bene pure a lui, e sistemare le mie ferite aperte in Texas.
Ma è secondario.
Buona notte. Vado a tentare di dormire.

martedì 22 febbraio 2011

Arrivata per grazia ricevuta

Das Glück kommt zu denen, die lachen.

venerdì 18 febbraio 2011

Ultimissime

Mia mamma che mi dice che mi ha organizzato una simil cena di saluto, e sa che io odio queste cose, perchè alla fine piangiamo tutti come dei somari.
Mia nonna che piange già da adesso e mio fratello che esulta perchè riavrà per se la mitica mansardina. Mia sorella incacchiata come una biscia perchè vado via un'altra volta, e in tono inacidito mi rinfaccia "Sei sempre te che fai piangere la nonna..."
Azzurro che fa la prenotazione telefonica del pranzo di rientro: porti un pò di quella pasta strana che ho mangiato quando son venuto da te? Tortellini Spen, si chiamano tortellini!
Le mie amiche di danza che mi hanno organizzato una pizzata con post serata etilica a seguito, e io non ce la faccio più a reggere i rum e pera come loro...
Andrea che mi chiede se possiamo vederci ancora una volta prima della partenza, una sola.. E il mitico Signor Riccardo del fruttivendolo sotto casa che mi regala le fragole.
........
........
Dov'è che rimane il tasto pause???

giovedì 17 febbraio 2011

Cadaveri sul campo

Alle elementari, sotto l’orrido grembiulino nero sintetico, il mio cuore pulsava solo per tale Giampaolo Trombetta. Correvamo nella ricreazione per il pianerottolo di fronte alle aule, e io e la mia amichetta Laura lo guardavamo sghignazzando di vergogna. Mi pareva bellissimo; fiero nel suo grembiule corto nero, con il colletto bianco ricamato di barchette azzurre e gialle. Se ci penso ora mi salgono le lacrime agli occhi da quanto mi reputo deficiente. Ma si sa, son segreti di pulcinella; le voci corrono veloci, di bocca in bocca, persino fra i bambini. Il Trombetta lo venne a sapere. Cambiò atteggiamento. Mi osservava spesso con aria tronfia, mentre io mi sentivo svenire. Passavano i giorni e io diventavo timida, correvo sempre a nascondermi nel bagno delle femmine, durante la ricreazione. Infine un giorno lui prese il coraggio a due mani e valicò la soglia del bagno femminile, fra urla e risolini e venne diritto verso di me, mi prese la mano e mi disse “Eleonora, io ti amo!” Era rosso che pareva stesse per esplodere da un momento all’altro. Ecco, quello fu il preciso istante in cui di lui non me ne fregò più nulla. Insomma, aveva rovinato il mio bel gioco. Non c’era altro che potesse fare, non si poteva rimettere a posto il tutto. Per me finì lì, mentre lui rimase a struggersi.
Alle scuole medie c’era uno di una classe in più, tale Alfio De Battisti, che mi dissero, mi veniva dietro.
Cribbio! Che fare??
Non era poi male, alto, capello castano corto (allora le mamme non ti facevano uscir di casa con il capello lungo spettinato e l’orecchino, almeno ai maschi), magro. Non un figo badate, ma nemmeno un nerd.
Stava per i corridoi e mi fissava, senza remore, senza pudore, senza vergogna.
E a me, già il fatto che si aspettasse qualcosa da me, che insomma mi tenesse d’occhio, non mi andava giù.
Un giorno venne a chiedermi di uscire, io e lui, il sabato pomeriggio.
Gli urlai in faccia che mi faceva cagare e si non permettersi più di fissarmi.
Ciao ciao Alfio.
In terza media invece si trasferì nella mia classe Daniele Delle Volpi, ah sì, un autentico unico figo.
Di quelli per cui tutte sbavaccano e che suscita ammirazione e sguardi assorti, accompagnati da sospiri.
Mi piaceva un sacco e un po’. Ogni tanto durante le lezioni lo osservavo, la posa scomposta, le magliette slabbrate, le scarpe da ginnastica firmatissime, il ciuffo castano chiaro sugli occhi verdi.
Ma sarei morta piuttosto che parlargli. Insomma, io ero una nullità, lui era il figo della classe. Uno che già fumava fuori dalla scuola, mica poco.
Un sabato mia madre non mi viene a prendere a scuola. Mia sorella credo fosse malata perché non c’era. Poco male, faccio per incamminarmi verso casa, gobba sotto il mio zaino Invicta, quando una Fiesta mi strombazza con il clacson. Mi giro e vedo lui sul sedile del passeggero e un ragazzo più grande al volante.
“Ti diamo un passaggio? Abito vicino a te.”
E come acciderbolina fa Daniele Delle Volpi a sapere dove abito io??
Deglutisco un quintale di saliva.
“No, grazie. Preferisco camminare”
Mi volto e proseguo. Lui scende.
“Allora posso accompagnarti?”
“Va bene” appena bisbigliato.
Mi accompagna a casa. Mi offre una sigaretta che rifiuto. Io mi fisso interessatissima i miei stessi piedi. Mi chiede se domenica pomeriggio andrò a ballare all’Ombelico (eh sì, a quei tempi si andava a ballare alla domenica pomeriggio…)
Oddio, mica lo so se mia mamma mi lascia.
Gli dico sì.
La domenica pomeriggio me lo trovo poi là, in quel buco di discoteca.
“Ti aspettavo” mi dice, e mi appioppa un mega bacio con la lingua che per poco non ci rimango secca.
Ok, sono uscita tre mesi con Daniele Delle Volpi, poi l’ho mollato.
Perché? Perché mi faceva fastidio uscire con il figo della scuola. Tutte mi guardavano, e molte mi odiavano. Ero troppo chiacchierata e lui troppo ambito. Lui ci resta male. “Ci tenevo a te” mi dice. Amen.

Alle superiori, in terza ginnasio (il primo anno), mi imbatto in un tizio che mi ha presentato mia sorella, più grande di me, che si chiamava Mauro. Dice di avermi notata in Corso (a quei tempi si andava a fare le “vasche” al Corso Cavour, in centro), vuole conoscermi. Ok, piacere.
Mica mi molla il tipo. Ma mi piaceva. Aveva un caschetto biondo ed era magro come un picco. Ma cosa più importante, aveva la moto!!! Mica un ciao, un centoventicinque da paura, che rombava che a me pareva una Ferrari! Giri in centro con il centoventicinque di Mauro, fino giù a Ticino. Lui forse aveva altre intenzioni, ma io no. Mia madre mi proibisce di salire sul centoventicinque. Fine della relazione con il bel Mauro. E poi calma piatta, perché ero una semi seria che fra le lezioni e i saggi di danza classica e lo studio avevo poco tempo da dedicare alle cazzate. Poi mi accorgo che Andrea esiste.
Ci troviamo un pomeriggio in studio da suo padre e studiamo greco insieme. Usciamo insieme dallo studio e invece di andare verso casa mi porta ai giardini di Piazza Botta. Sguardi, respiri su respiri. Un bacio.
Son già caduta nella rete. Ci mette un anno a dirmi che era cotto della sottoscritta dalle scuole medie. Evviva. Ho imparato a lavorare a maglia per fargli una sciarpa verde e bianca, lunga mezzo chilometro.
Sono stati anni vissuti insieme, anni belli, condivisi, di gioventù (sigh!) di serate e nottate da Giulio in compagnia, di approcci sessuali ridicoli ok, ma eravamo alle prime armi, di studio compulsivo e baci perugina.
Poi arrivano le aspettative, le pretese persino, arriva la mia malattia.
Più che uscire insieme stava al mio capezzale a tenermi la mano, o a cercare di farmi ragionare, contenere la mia esuberanza spinosa.
Povero Andrea! Fu scaricato pure lui: non che avessi capito cosa volevo dalla vita, solo sapevo che non era lui. Con i suoi enormi strascichi, ne sono consapevole
E poi son partita.

A Copenhagen ho conosciuto un tipo, alto biondo con gli occhi azzurri, danese insomma, che si nascondeva dietro la pelle lattea e gli spessi occhiali scuri. Si chiamava… Morte. Eh, proprio così. Nato il primo aprile per giunta. Una data un destino… Tecnico informatico. Siamo usciti insieme per qualche settimana, ma era troppo “nordico” perché potesse funzionare. Algido, persino più di me. E poi un giorno mi regala una pacco di fagioli surgelati. Si avete letto bene. Credo che solo io al mondo… vabbè. Inutile dire che è tornato single in men che non si dica.

Son tornata a casa, sono andata a vivere a Venezia, un appartamentino a Dorsoduro, qualcosa di modesto e favolosamente bohemiene. Ho conosciuto un amico, lo chiamerò Fabrizio.
Studente squattrinato di Scienze Sociali di giorno, aiuto fornaio di notte. Durante la settimana facevo l’impiegata presso un notaio e la domenica aiutavo in quella stessa panetteria/pasticceria dove lavorava lui, dai suoi zii, a Canareggio. Spesso la notte stavo con lui giù al forno, lo aiutavo un poco, e ridevamo come matti.
Poi mentre il pane e la pizza cuocevano, verso le tre del mattino, ci sedevamo sui gradini verso il canale e fumavamo insieme, mangiavamo brioss ancora calde, fra i silenzi e le confidenze. Noi, e qualche ubriaco di passaggio. La notte è sempre lunga.
Siamo stati bene. Ma alla fine ho dovuto dirglielo, che non ero innamorata. Siamo rimasti amici, e sono felicissima di questo.

Infine c’è stato il Texas, con le sue pianure sconfinate sovrastate da cieli infiniti, ancora scavati nei miei occhi.
E poi una sera newyorchese mi son seduta al tavolo di un caotico ristorante asiatico con un pezzo di figo da buttar via la testa. E’ andata bene, cosa altro posso dire?
Mi ha lasciato il numero senza chiedere il mio, perché lui è uno galante, io l’ho chiamato, abbiamo iniziato a sentirci spesso, poi ogni sera, poi anche ogni mattina. E poi me lo son ritrovato a girarmi per casa in pigiama.
Che sia stato facile non lo posso dire, ma è stato bello. Ci siamo vicendevolmente scoperti, annusati, inquadrati, desiderati.
Insomma, io la prima volta che è venuto fino a Dallas (badate son sei ore di volo andata e sei ritorno) l’ho mandato pure in bianco, mettendolo a dormire nella camera degli ospiti. E non mi ha nemmeno lasciato! Un santo.
Ma quando poi sono andata io a NYC da lui ero un poco presa male. Nessuna camera degli ospiti a Manhattan. Pensavo di prendermi una stanza in hotel, poi alla fine gli e ne ho parlato.
Insomma, gli ho detto, non è che le altre volte mi sia poi piaciuto particolarmente…
Lui ha sorriso, senza dirmi nulla.
Ok. Insomma, magari ho qualche problema io…
Altro sorriso.
Alla fine ho cambiato davvero idea…

E poi c’è stato L’Uomo dei Silenzi, che se ci penso ancora mi si stringe il cuore. Lo so che non è il caso di farci venire dei mal di testa per uno che poi si è comportato così, ma che ci devo fare, non è una scelta razionale, adesso come non lo è stato allora. Credo sia stata una questione di chimica.
Uno sguardo incrociato ogni giorno, in fila per il caffè. E poi un “Good Morning!” da una mattina in poi. E poi un incontro a pranzo, un invito a pranzo, un invito a cena. E poi, inutile dire che lui ha cambiato caffè.
Il vuoto, i cocci, sono rimasti a me. Andare via mi ha aiutato una volta di più, anche se mi ha causato un dolore, dentro, indescrivibile.
Non ero mai nemmeno stata mollata prima di allora, non mi ero mai innamorata. La prima volta, davanti ai suoi occhi, per essere poi usata e buttata.
Capita a tutte, lo so.
E’ capitato anche a me.

Quello che volevo dire con questo post lunghissimo e troppo personale, è che i rapporti interpersonali, e quelli affettivi ancora di più degli altri, sono la cosa più difficoltosa che possa esistere nella vita.
Ci specchiamo negli occhi degli altri, vorremmo riconoscerci, troviamo qualcosa di altero, qualcosa che può affascinarci o spaventarci, allontanarci o richiamarci. Possiamo creare la nostra autentica felicità o auto distruggerci. E non sta a noi, sta in un rapporto a due.
E’ dura, oh se lo è!
Personalmente tento, cado e tento nuovamente ogni singolo giorno. Mi sforzo. Esamino il mio stesso dolore e la mia gioia, e poi vado oltre, vivo. O almeno, ci provo.
E voi?

martedì 15 febbraio 2011

Stanca come una bbestia!

Cmq io domenica in piazza a Milano c'ero, fra la folla.
E dopo tutto quello che di bello una manifestazione così ti lascia addosso, pensare a Sanremo, mi viene da vomitare.
La terra dei cachi e delle banane.
Volo via. Presto.

lunedì 14 febbraio 2011

Devo fare una prenotazione

"Cose che non esamino più da vicino.
Mercatini, posta indesiderata, certezze,
lampadine rotte, batterie solitarie,
necrologi del New York Times
-i resti delle nostre vite.
I prezzi nelle boutique più chic,
quello che è successo prima di venerdì,
come le lentiggini disegnano una stella sul tuo viso,
e quel che rimane dell’amore".
(Anna Evans)

E tutto quello che l’amore supera, per restare amore.

domenica 13 febbraio 2011

Come Back

too tired to argue tonight.
please, please, be my Valentine.
miss u2.

mercoledì 9 febbraio 2011

Ne ho due coglioni così

Basta, basta all'attesa. Basta alla paura, ai bivi irrisolti, ai puntini di sospensione, alle frasi ripetute, ai lamenti grunge verso la luna, basta alle domande, basta alla rabbia, ai sensi di colpa, ai digiuni, alle autofustigazioni con fruste incandescenti, basta con le frasi dette a caso, alla comprensione verso chi non c'arriva.
Basta.
Chi non capisce, fuori.
Fuori di qui.



Ma vaffanculo a tutto, ecco
E basta.

lunedì 7 febbraio 2011

Monday

No, oggi non ce la posso fare....
Word non funziona, la macchina fotografica non funziona....
E come disse il maestro D'orta :"Mi sento sgaruppato anche io!!"
:(

PS: chiunque si un minimo più competente sul fottuto word e abbia la pietà di spiegarmi perchè impagina a cazzi suoi ignorando ciò che voglio io, please, mi aiuti!
E' un grido disperato! :((

venerdì 4 febbraio 2011

Mi struggo di nostalgia!

Criminal Minds su Rai2, stasera è ambientato a Dallas!!!!!!
AAAAHHHHHHHH!
Voglio morire!!!!!!!!!!

Il giornale di oggi...

Taci Eleonora, taci!!!

giovedì 3 febbraio 2011

mercoledì 2 febbraio 2011

Telefonate della sera (e relative assurdità)

Eileen:"Insomma dai, è scandaloso! E' una carica pubblica, dovrebbe dare l'esempio e invece guarda! Poi è ovvio che l'Italia va a puttane, come lui!" con una palese nota di irritazione nella voce.
Azzurro:"Eh, è vero, fa schifo. QUi lo avrebbero cacciato a pedate nel culo. Ma da te nessuno di preoccupa delle ragazze"
Eilee: "E di cosa doremmo preoccuparci scusa??"
Azzurro:"Tipo che ci sono andate perchè avevano bisogno di soldi, magari hanno famiglie da mantenere, roba del genere."
Eileen: "Ma se si son prese cinquemila euro a botta! Per poi andarlo a spiattellare a ogni giornale possibile per prenderne ancora! DOve sta la dignità enell'essere poveri???"
Azzurro"SI va bè dai però..."
Eileen: Cioè mi stai dicendo che se venisse da te una vecchia bassa grassa e brutta e tu avessi bisogno di soldi, lei ti offrisse cinquemila dollari tu ci andresti??"
Azzurro:"No amore, io le direi che non so fare niente che valga solo cinquemila dollari"
..............
...........
........
....
:O
II
Azzurro: "Domani non vado al lavoro"
Eileen: "E perchè scusa? Hai già fatto tipo millemila anni di ferie!!!"
Azzurro:"Perchè sono stato contatto da un'altra società per un colloquio. Mi hanno offerto un altro posto."
Eileen "Ma dai! E dove? Sempre a NYC o adesso dovrò andare a vivere in Congo? O a Tokio?? No sai, io starei aspettando un visto..."
Azzurro: (ride)"No, no, è sempre a NYC."
Eileen: "Ok, ma dove? Che società è?"
Azzurro: "Alle Nazioni Unite"
............
..........
.........
:O

(Urlo folle di mia mamma che scopre che adesso sta pagando telefonate intercontinentali....)
Non ho parole.

martedì 1 febbraio 2011

Dlin Dlon!

Volevo informarvi che oggi sono qui:
http://animenomadi-storiediespatriate.blogspot.com
Ospite della gentilissima Luana, che mi ha intervistato.
Baci Baci